Caso Yara: test del Dna, il prelievo senza consenso è legale

La Cassazione fuga ogni dubbio, con una sentenza nel giudizio a carico di un 29enne di Chiari, condannato a Brescia a tre anni e due mesi di reclusione per rapina e violazione di domicilio

Un laboratorio di analisi

Un laboratorio di analisi

Milano, 25 luglio 2014 - Il prelievo, "non invasivo", di reperti di tracce biologiche da utilizzare per la comparazione del Dna può avvenire senza contraddittorio e il raffronto può essere utilizzato come prova nel dibattimento. La Cassazione fuga ogni dubbio, con la sentenza 33076 della seconda sezione penale, nel giudizio a carico di un 29enne di Chiari, condannato a Brescia a tre anni e due mesi di reclusione per rapina e violazione di domicilio.

Nel ricorso, il legale dell’imputato lamentava che le tracce biologiche utilizzate per la comparazione del Dna fossero state prelevate «con un escamotage irrituale» e senza le garanzie del contradditorio, e questo - a suo avviso - comporterebbe l’inutilizzabilità della prova a carico del suo assistito. Si tratta delle possibili obiezioni sul prelievo del Dna a Bossetti (effettuato attraverso l’alcoltest), nelle indagini per l’omicidio della piccola Yara Gambirasio. Ma la Cassazione ribadisce e conferma gli orientamenti già espressi. Sui prelievi «ematici coattivi», sottolinea come possano essere effettuali «con modalità non invasive e non lesive dell’integrità personale», anche senza il consenso dell’indagato. E ribadisce anche come «il prelievo del Dna della persona indagata attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili non è qualificabile quale atto invasivo o costrittivo».