Strage Piazza Loggia, fiato sospeso. "Tardano anche le motivazioni"

Milani: ci permetteranno di capire se arriverà l’ennesimo ricorso

La strage di piazza Loggia a Brescia (Ansa)

La strage di piazza Loggia a Brescia (Ansa)

Brescia, 11 luglio 2016 - Faceva molto caldo il 22 luglio di un anno fa. Ma quel giorno è passato alla storia non tanto per le temperatura tropicale, ma perché la Corte d’assise d’appello di Milano ha condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte: per la corte il primo era il mandante della stragee del 28 maggio 1974 in piazza della Loggia, il secondo aveva partecipato alle riunioni preparatorie all’eccidio che costò la vita a 8 persone e ne ferì 102. Dopo dodici processi e cinque istruttorie svolte nell’arco di 42 anni era arrivata una condanna, seppur non ancora definitiva, per i responsabili. Le motivazioni di quella sentenza, però, a distanza di quasi un anno ancora non ci sono. Alla lettura del dispositivo il presidente Anna Conforti si era presa 90 giorni per la loro stesura; sono passati ormai quasi dodici mesi.

«Al momento non sappiamo quando saranno depositate – ammette Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della Strage e marito di Livia Bottardi, una delle vittime della bomba – La sensazione è però che ci siamo quasi. Credo che il deposito delle motivazioni possa avvenire prima dell’autunno». I tempi dilatati non lo preoccupano: «Sapevamo da subito che il compito dell’estensore delle motivazioni non sarebbe stato facile – ammette –. I tempi si sono allungati molto, ma siamo fiduciosi. Potrebbe essere questione di poco». Nessuna fretta d’accordo, ma c’è la voglia di avere tra le mani le tante pagine attraverso cui saranno motivati gli ergastoli nei confronti del leader di Ordine Nuovo nel Triveneto , Carlo Maria Maggi, e della fonte “Tritone” dei servizi segreti, Maurizio Tramonte. «Ci permetterà di leggere e soprattutto di capire se, come pensiamo, l’eventuale ricorso in Cassazione dei due condannati potremo affrontarlo con tranquillità»

Manlio Milani ha bene impresso nella mente il 22 luglio dell’anno scorso. «Eravamo tutti molto stanchi al termine di una lunghissima giornata in attesa della lettura del dispositivo – ricorda Milani – Quando il presidente della Corte ha letto la sentenza ho avuto l’impressione che finalmente le vittime di quell’atto barbaro finalmente riposassero in pace».