Brescia, 18 febbraio 2014 - Due volti segnati da troppe notti insonni, con sguardi senza luce. Una madre e un padre ai quali la vita, seppure in modi diversi, ha tolto un figlio. Ieri in occasione dell’inizio del processo a Claudio Grigoletto suo padre Roberto si è trovato faccia a faccia con la madre di Marilia Rodrigues Silva Martins.

Appena l’ha vista in aula Roberto Grigoletto si è avvicinato timidamente a Natalia, arrivata apposta dal Brasile, e poi le ha stretto la mano. «Volevo portarle la mia solidarietà – ha confidato il vigile del fuoco in pensione -. Lei sua figlia l’ha persa anche fisicamente». I suoi pensieri, dice, sono intrappolati da un dolore insormontabile misto a rabbia. «Ho sempre in mente le mie nipotine – confida l’uomo -. In definitiva è come se fossero rimaste orfane. Quando Claudio uscirà dal carcere, semmai uscirà, che se ne faranno di lui?».

La mente di Roberto, accompagnato in tribunale dall’altra figlia, è ingolfata dai perché che girano a vuoto senza risposta. «Perché, mi chiedo, è successo tutto questo proprio nella mia famiglia? Perché, visto che Claudio fino ai 32 anni è sempre stato un ragazzo eccezionale, bravo, ambizioso, che non mi ha mai dato un solo problema che fosse uno? Quante persone si sono ficcate nella situazione in cui era lui senza però reagire così?».

È un padre devastato da domande senza risposta, Roberto. Dalla piccola cella dell’aula il suo Claudio, giubbotto blu e felpa con il cappuccio, fede nuziale al dito ben visibile, spesso ricerca lo sguardo del genitore. «In carcere più volte gli ho chiesto perché. Lui non sa rispondermi bene. È stata la disperazione, mi dice. Forse nemmeno si rende conto bene di quanto ha fatto. Ma una cosa la so con certezza: lui non è un criminale».