Brescia, 25 agosto 2012 - Matteo Cavagnini, bresciano, veste la maglia azzurra della Nazionale di basket in carrozzina dal 1999. Leader in campo, sarà il capitano trascinatore dell'Italia alle Paralimpiadi di Londra. Non sarà facile per gli Azzurri affrontare avversari del calibro di Stati Uniti e Australia, ma il gruppo è unito e carico. Con il sogno di un podio a cui si può sempre sperare...

Per voi Londra inizierà tra pochissimo, come si sente?

«Fino a poco prima di partire, non sentivo particolarmente la tensione. Poi cominciando a fare le valigie, sistemando i vestiti di Armani (sponsor ufficiale della Nazionale NdR) l'agitazione ha cominciato a venire a galla»

Lei dal '99 veste la maglia azzurra, ormai si può definire un veterano delle grandi competizioni internazionali...

«Sì, di esperienza ne ho molta. Ma l'Olimpiade è una cosa a sè. È completamente diversa dagli Europei e dai Mondiali. C'è la pressione del paese, che ci cerca, si informa... di solito non abbiamo su di noi l'attenzione degli italiani. Si sente maggiormente la tensione»

Da capitano, com'è la squadra di basket che parte per Londra?

«Parlando realisticamente non siamo da medaglia. Ma io voglio esserci su quel podio e ci proverò con tutte le mie forze e sono sicuro che anche i miei compagni faranno lo stesso»

Quali sono gli avversari più temibili?

«Beh di sicuro l'Australia che è campione in carica mondiale. Poi Usa, Canada e Gran Bretagna sono un gradino sopra di noi»

La partita d'esordio sarà contro la Spagna. Che inizio sarà?

«La Spagna è la nostra bestia nera. Agli Europei ci hanno sconfitto ai quarti di finale, privandoci del podio. Questa però potrebbe essere l'occasione di una rivincita. Abbiamo preparato molto bene questo match, ma non si può negare che come squadra la soffriamo molto»

Quanto vi siete preparati per questa Paralimpiade?

«Beh nell'ultimo anno ci siamo allenati molto, stando in palestra anche le 8-9 ore al giorno. Mentre normalmente essendo un professionista arrivo a 5-6 ore»

Quando si è avvicinato al basket in carrozzina?

«Nel 1989 in seguito ad un incidente in motorino, ho subito un'amputazione. Ci ho messo qualche anno ad accettare la mia situazione. Nel '92 ho iniziato a giocare a basket ed è diventata la mia passione più grande»

Quanto è importante il basket nella tua vita?

«Ormai posso dire che è diventato la mia vita. Tutto gira intorno alla palestra. Ho conosciuto mia moglie in palestra. La mia famiglia, quindi anche i miei figli, mi seguono in ogni gara. Si spostano insieme a me»

Si sente un esempio per chi come lei ha dovuto affrontare delle difficoltà importanti nella vita?

«Essere un esempio è una responsabilità importante. Se così fosse, me la sentirei. Tante persone mi dicono di essere riusciti ad affrontare e superare le difficoltà della loro vita, guardando me e i miei compagni e questo mi riempie di orgoglio»

La vedremo anche ai Giochi di Rio?

«Eh, mi piacerebbe tanto. Potrebbe essere il mio prossimo sogno»

Da capitano, mi dice un pregio e un difetto della squadra?

«Un pregio? Non molliamo mai. Siamo un gruppo meraviglioso, unito. Abbiamo superato insieme anche momenti difficili proprio perché siamo una squadra coesa. Un difetto? Soffriamo troppo le squadre fisiche che cercano molto il contatto nel gioco»

Visto che la medaglia è un obiettivo che cercherete con tutte le vostre forze, facendo gli scongiuri, se riusciste a mettervela al collo, lei a chi la dedicherebbe?

«La dedicherei ad un sacco di persone. Già per il fatto di essere alle Paralimpiadi dovrei ringraziare tutta la mia famiglia, la mia società, la federazione. È un sogno che si realizza anche per merito loro»