Proteste anti-sfratto, attivisti a processo

Dieci rinvii a giudizio per l’occupazione del Comune di Mazzano di Beatrice Raspa

La manifestazione anti-sfratto

La manifestazione anti-sfratto

Brescia, 17 aprile 2015 - A processo per la lotta contro gli sfratti. L’occupazione del Comune di Mazzano ad opera di una quarantina di attivisti dell’associazione Diritti per tutti e del Comitato provinciale antisfratti, il 30 settembre 2013, è arrivata ieri davanti al giudice per le indagini preliminari che ha disposto il rinvio a giudizio per dieci imputati. Tra loro, esponenti dell’associazione - il leader Umberto Gobbi in testa - e alcuni stranieri. Il dibattimento inizierà il prossimo primo dicembre.

In origine erano tredici gli attivisti finiti nei guai per la protesta - tutti quelli che polizia locale e carabinieri erano riusciti a identificare con ragionevole certezza - ma in un caso si è registrato il proscioglimento per mancata identificazione, una posizione è stata stralciata per un vizio di notifica mentre un terzo imputato risulta irreperibile, quindi nei suoi confronti l’iter giudiziario è sospeso. I protagonisti dell’episodio devono rispondere a vario titolo di occupazione di edificio pubblico, interruzione di pubblico servizio, oltraggio, violenza a pubblico ufficio e rifiuto a fornire i documenti di identità.

L’occupazione aveva avuto luogo una mattina, appunto a fine settembre 2013, nell’ambito delle numerose proteste per il diritto alla casa messe in atto da Diritti per tutti. Nello specifico gli attivisti avevano organizzato un picchetto in strada a Mazzano per bloccare lo sfratto di una famiglia di immigrati con due bambini, uno di due, l’altro di sei anni (quest’ultimo invalido). Il padre, operaio da 20 anni in Italia, era stato licenziato per colpa della crisi, la moglie all’epoca era incinta e il nucleo familiare si era trovato a dover vivere su un furgone parcheggiato nel piazzale davanti al municipio. Un luogo dove non potevano neppure sostare.

Per aiutare gli sfrattati, gli attivisti avevano intavolato una trattativa con l’amministrazione comunale. Dopo avere spuntato la promessa di una sistemazione in un centro Caritas di Cremona, la giunta aveva però improvvisamente fatto dietrofront, ritirando la proposta. Di qui il blitz, con l’irruzione per una mattinata intera nella sede dell’assessorato ai Servizi sociali. Il braccio di ferro era sfociato in un incontro con il sindaco e aveva portato all’offerta di un alloggio da parte di un residente in paese.