Veleni e silenzi: il danno a Brescia è di 1,5 miliardi

Stimato dall’Ispra per il Pcb. Ma non è l'unico caso: ci sono le 14 discariche di Montichiari, l'aria inquinata dal termovalorizzatore e il depuratore promesso e mai realizzato della Valtrompia di Federica Pacella

La Caffaro, azienda che incombe con i suoi veleni su Brescia

La Caffaro, azienda che incombe con i suoi veleni su Brescia

Brescia, 5 marzo 2015 - Criticità ambientali incancrenite da decenni di veleni e silenzi, tanto che c’è chi definisce Brescia la “terra dei fuochi del Nord”. La madre di tutte le emergenze è il caso Caffaro, azienda che per 50 anni ha riversato Pcb, sostanza cancerogena, nel terreno. In pieno centro città, ci sono circa 5 milioni di tonnellate di terreno, che incombono sulla falda, con Pcb fino a 69.000 mg/kg (limite 5). La contaminazione ha raggiunto anche i quartieri vicini ed i comuni limitrofi. Un danno ambientale tutto a carico dei contribuenti, che l’Ispra stima in 1 miliardo e mezzo. Caldo anche il fronte della gestione rifiuti. Caso eclatante quello di Montichiari, che con 14 discariche ha il record nazionale. Del resto, per anni le cave trasformate in discariche sono state un business.

Proprio per evitare di fare nuovi buchi nel terreno, nel 1998 è stato acceso il termoutilizzatore di Brescia, che oggi brucia 800.000 t (tra cui rifiuti speciali di tutta Italia) contro un fabbisogno del territorio di 300.000 t. Le emissioni contribuiscono ad ammorbare l’aria di Brescia, che anche quest’anno sarà fuori legge: l’Europa concede 35 giorni di superi di Pm10, ma una delle centraline Arpa ne ha già registrati 33. Intanto, i rifiuti continuano a sbucare un po’ ovunque. Scorie sono state trovate sotto la tangenziale di Orzivecchi e la Brebemi. E Brescia continua a trascinarsi i danni del passato. Sempre attenzionata, ad esempio, la ex-cava Piccinelli, in città, dove il Cesio 137 potrebbe contaminare la falda, con grave rischio per l’acqua che già di suo non gode di buona salute.

È di pochi giorni fa la rilevazione di cromo VI per 70 volte oltre i limiti in uno dei cantieri Tav, a Ospitaletto. Nel capoluogo, da pochi mesi il livello di cromo VI nell’acqua del rubinetto è sceso sotto i 3 microgrammi/l, rispetto alla media del passato di 9 (al rubinetto il limite per il cromo VI non esiste, nella falda è di 5). Ma come siamo arrivati a questo punto? E’ il prezzo del benessere economico di uno dei distretti industriali più importanti d’Italia, ma anche il risultato dei ritardi della politica. Significativo il caso depuratore della Valtrompia: dopo anni di promesse ancora non esiste, mentre il fiume Mella continua a essere tra i più inquinati d’Europa.