Morto a 78 anni l'industriale Attilio Camozzi

Dal nulla è stato capace di costruire un 'piccolo' colosso industriale

Attilio Camozzi

Attilio Camozzi

Brescia, 2 ottobre 2015  - E' morto a 78 anni, nella sua casa di Polpenazze, vicino Brescia, l'imprenditore Attilio Camozzi, presidente dell'omonimo gruppo industriale. Una vita di lavoro, di fatica anche duramente fisica, ma la scintilla della genialità imprenditoriale che l'ha sempre assistito: "Ero un bravo tornitore, sa?", ricordava Attilio Camozzi, Cavaliere del lavoro, che dal '64 ad oggi ha costruito un "piccolo colosso" industriale di dodici stabilimenti, - per quasi 400 milioni di fatturato - globalizzato, in crescita, in continua evoluzione tecnologica: un gruppo-modello costruito dal niente. L'imprenditore tra i piu' schivi e solidi del bresciano, l'uomo che lascia alla guida dell'azienda e dei suoi oltre duemila dipendenti il figlio Ludovico, con i fratelli Marco ed Ettore, e altri sette cugini, figli degli zii Luigi e Giovanni, era salito, suo malgrado, agli onori della grande cronaca soltanto sei anni fa, quando aveva deciso di rilevare la milanese Inse (Innocenti Sant'Eustachio), un marchio glorioso dell'industria meccanica che versava però in profonda crisi, dove, di fronte al rischio di chiusura, un gruppo di operai era salito su una gru e aveva inscenato una protesta che aveva assunto tinte drammatiche.

Attilio Camozzi, tessera Fiom e tuta blu ancora nel cuore, non poteva permettere che un'azienda secondo lui ancora "salvabile" finisse così, è intervenuto mettendoci soldi - tanti soldi - e qualcosa di più e di migliore è successo, anche se la strada è ancora in salita. Ma nel suo insieme il gruppo Camozzi va bene e macina utili. Con tantissimi successi all'attivo, collezionati senza passi falsi, progressivamente, sin da quel 1964 - 51 anni fa - quando Attilio, 27 anni, decise di mettersi in proprio.

Da operaio a padroncino. Due macchine per la lavorazione dei metalli impiantate alla bell'e meglio a casa sua - con la moglie Giuliana, donna forte, a sostenerlo - tantissima voglia di lavorare e intuizioni meccaniche degne di un superingegnere. Una specie di cavalcata trionfale, nell'Italia del boom, Già' nell'80 un'acquisizione in Germania; e poi via via, mezzo mondo, aziende negli Usa e in Russia, Rockford nell'Illinois o Dongtai, vicino Shangai. Grande diversificazione settoriale, dalle macchine utensili alle macchine tessili; ma anche estrema specializzazione, se le componenti made-in- Camozzi azionano il telescopio gigante dell'Arizona o fanno funzionare le macchine robot che costruiscono gli aeroplani della Boeing.

Amatissimo dai suoi - collaboratori, compaesani, parenti - perchè' abituato sì a comandare ma anche a dare: soldi per i disabili, risorse per il territorio, dialogo con il sindacato e con i dipendenti. Litigiosità aziendale, bassissima. Formazione permanente. Mai una critica, in sostanza. E una vita semplice, quasi uguale a quella di quando era operaio lui stesso: una partita a carte al bar del Paese, niente finanza creativa, niente Borsa. Una grande passione al di fuori - si fa per dire - dell'azienda? Le automobili, una passione coltivata nel tempo fino a presiedere, con un gusto e una partecipazione commoventi, il bellissimo Museo delle Millemiglia, che ha dal problema che era per la città di Brescia in un luogo di incontro internazionale dell'impresa, di rivisitazione storica ma anche di progettualita' e innovazione. Uno cosi', uno che aveva iniziato a lavorare a undici anni, uno che il giorno prima di fermarsi per sempre aveva ancora lavorato, non poteva che andarsene in punta di piedi, vicino alla sua fabbrica. Ma con tanto amore attorno a lui e, da oggi, al ricordo delle sue lezioni di vita.

(Fonte Agi)