Isis, le pressioni dei reclutatori: "Ora sei pronto per andare lì"

Brescia, in chat con il 18enne che studia il Jihad, discettano degli sviluppi sul fronte di guerra, visualizzano video («Sangue dello Jihad»). Il più giovane teme di essere sorvegliato, una volta Facebook gli ha oscurato il profilo

Un miliziano dell'Isis a Mosul (Reuters)

Un miliziano dell'Isis a Mosul (Reuters)

Brescia, 27 marzo 2015 - «Fratello, apro una parentesi per il hur, che tu sei l’unico mio sostegno e di cui mi posso fidare per questa cosa...». A sognare il beneficio delle giovani donne promesse da Allah ai martiri dell’islam radicale - questo significa hur secondo i precetti coranici – è Mahmoud, 18 anni compiuti a settembre, l’italotunisino di Cermenate (Como) che sul web si diceva pronto ad arruolarsi nei gruppi islamisti. Il giovane, ora sorvegliato speciale grazie alle nuove norme sul terrorismo che permettono di perseguire anche gli aspiranti miliziani, è uno dei ragazzi finiti nel mirino della Digos e della Procura di Brescia nell’ambito di «Balkan Connection». Un’operazione che mercoledì è sfociata nell’arresto di due presunti reclutatori al jihad – Elvis e Alban Elezi, zio e nipote albanesi, 21 e 36 anni, bloccati rispettivamente a Ciriè (Torino) e in Albania – e di Halili El Mahadi, l’italomarocchino ventenne di Lanzo Torinese nei guai per apologia, considerato autore del primo documento radicale scritto in italiano e diffuso sul web («Lo Stato islamico, una realtà che ti vuole comunicare»).

L'indagine è nata dai monitoraggi degli 007 della Polizia nei confronti di Anas El Abboubi, il 23enne marocchino di Vobarno (Brescia) arrestato per addestramento nel giugno 2013, scarcerato dal Riesame e poi a settembre sparito nelle fila dell’Isis (ora è ricercato, ndr). Le intercettazioni evidenziano continui contatti tra i due giovani di Cermenate e di Ciriè, ma anche i dissidi tra il padre di Elvis Elezi e il fratello Alban (tra gli arrestati) ritenuto responsabile della radicalizzazione della figlia minore fidanzata con connazionale morto durante i combattimenti in Siria. Orgoglioso di un cugino partito per l’Iraq, Mahmoud, all’epoca minorenne, non faceva mistero delle sue aspirazioni da combattente nutrite da letture radicali, in comune con Anas. All’amico albanese l’italotunisino confida di essere un simpatizzante dello Stato islamico e di voler aspettare solo di compiere 18 anni e di finire la scuola per coronare il progetto. I due in chat discettano a lungo degli sviluppi sul fronte di guerra, visualizzano video («Sangue dello Jihad») e si muovono con cautela («Al cellulare...già il nome non è sicuro dirlo!»). In particolare il più giovane teme di essere sorvegliato dagli amministratori di Facebook, che già una volta gli hanno oscurato il profilo sul social network. Il presunto reclutatore lo considera «pronto per là». Le aspirazioni estremiste di Mahmoud a fine dicembre arrivano anche all’orecchio della famiglia. Mamma e papà tentano di dissuaderlo, ma nel farlo tradiscono lo stesso humus culturale del giovane: «A ogni essere umano piacerebbe il jihad... Quando conquistano la Siria ed entrano in Palestina ti mando».