Fratellini uccisi a Ono San Pietro, dieci richieste d’aiuto inascoltate. Poi il padre ha ucciso i due figli

Brescia, la protesta di familiari e amici dei bimbi davanti al tribunale per denunciare le lentezze della giustizia di Beatrice Raspa

Davide e Andrea, morti il 16 luglio 2013 a Ono San Pietro

Davide e Andrea, morti il 16 luglio 2013 a Ono San Pietro

Brescia, 22 novembre 2014 - Dieci. Cifra tonda. Come le dieci volte che mamma Erica ha bussato ai carabinieri per denunciare l’ex marito e padre dei suoi bambini, senza però che servisse a nulla. Perché alla fine Pasquale Iacovone il 16 luglio 2013 ha fatto quello che aveva annunciato, anche via sms: ammazzare Davide e Andrea, 9 e 12 anni. Una vendetta nei confronti della donna, sostiene la Procura, che voleva la separazione. La mattina dell’ultimo giorno di vacanza a casa sua, il papà di Ono san Pietro ha prima soffocato i suoi piccoli ancora a letto, poi ha cosparso i corpi di benzina, infine ha appiccato il rogo.

Ieri, in occasione del processo all’imbianchino 42enne – scampato alla tragedia - i famigliari e gli amici dei bambini hanno organizzato una manifestazione silenziosa davanti al tribunale. Hanno indossato pettorine e distribuito volantini prodotti dal comitato “Uniti per due angeli”, sui quali campeggiava il numero dieci stampato a caratteri cubitali e a seguire dieci domande aperte. «È un’iniziativa per denunciare le lentezze della giustizia, per fare capire a tutti come questa tragedia fosse evitabile perché chi di dovere ha sempre sottovalutato i campanelli d’allarme - spiega Omar Patti, lo zio di Davide e Andrea, in prima linea anche per la costituzione di un oratorio in memoria dei nipotini, per cui sono già stati raccolti 75mila euro -. Il nostro dramma ha scosso la società ma non le istituzioni. Perché, per esempio, mia sorella deve pagarsi il supporto psicologico? Dieci rappresenta l’incapacità di dare risposte adeguate nei casi di violenza nei confronti di donne e bambini».

Iacovone, alla sbarra con rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica, è stato riconosciuto capace di intendere e di volere dal professore Sergio Monchieri, l’esperto nominato dal tribunale. Il pm Eliana Dolce ha chiesto l’ergastolo senza attenuanti. Una richiesta ribadita dagli avvocati di parte civile Pierluigi Milani e Giovanni Orlandi, che per mamma Erica, lo zio e i nonni hanno chiesto un risarcimento simbolico di 2,8 milioni complessivi. In aula sono stati ripercorsi gli snodi della vicenda fino al tragico epilogo: l’estrema vendetta messa in atto nei confronti della ex, sostiene l’accusa. (Iacovone ad aprile 2014 aveva patteggiato 2 anni e 4 mesi per stalking). Una ricostruzione contestata dalla difesa, che per contro ha spinto per l’assoluzione o in subordine le attenuanti generiche. Stando all’avvocato Gerardo Milani, che ha eccepito la nullità formale di alcuni atti d’indagine a suo dire compiuti senza garanzie difensive, l’imputato aveva capacità offuscate da una semi-infermità mentale. Quando Iacovone sostiene di non ricordare nulla del rogo, dal quale fu estratto vivo per miracolo, direbbe insomma il vero. L’uomo si è salvato a dispetto delle ustioni sul 90% del corpo, ed è in custodia a Opera. La sentenza attesa il 19 dicembre.