Scarico industriale abusivo nel torrente: un denunciato a Casto

Solfati ed alluminio ben al di sopra dei limiti consentiti in un torrente della Val Sabbia. Le indagini portano a una ditta a Briale di Casto

Lo scarico abusivo

Lo scarico abusivo

Casto, 28 settembre 2016 – Uno scarico industriale abusivo inquinava le acque del Fossato d'Auro, identificato e denunciato il responsabile delegato all'ambiente di una ditta della Val Sabbia per smaltimento illecito di rifiuti. Tutto inizia a maggio, quando era stata segnalata schiuma nel rio che sfocia nel torrente Nozza a Malpaga di Casto. Raggiunto il posto, i Forestali avevano constatato che l’acqua effettivamente aveva uno strano colore biancastro, di più: a monte dello scarico l’acqua era limpida ed a valle era colorata.

Dato il via ai campionamenti, le ampolle raccolte dallo scarico e l’altro a valle di esso sono state poi consegnate all’Arpa di Brescia, iniziando nel frattempo le indagini per scoprire l’autore del fatto. In primo luogo veniva verificata, tramite A2A, gestore della rete idrica e fognaria e tramite la Provincia di Brescia, l’assenza di qualsiasi tipo di autorizzazione per scarichi industriali in corpo idrico superficiale. Emergeva inoltre che allo scarico in questione fosse allacciata una parte del sistema fognario delle frazioni Briale e Famea del Comune di Casto.

Dalle analisi dei campioni raccolti emergeva intanto un’eccessiva concentrazione di solfati ed alluminio, ben al di sopra dei limiti di legge consentiti, così veniva iniziata congiuntamente all’Arpa Brescia una serie di sopralluoghi a campione presso le ditte di Briale e Famea che in base al loro ciclo produttivo generano alluminio e solfati. Presso una delle ditte controllate, in località Briale, finalmente è stato scoperto che un contenitore di accumulo delle sostanze di scarto della lavorazione dell’alluminio anodizzato era posto al di sopra di un pozzetto di raccolta delle acque piovane e che scarica proprio nel Fossato d’Auro; all’ispezione del pozzetto è stata rilevata una forte presenza di rifiuti liquidi e scarti di produzione con sedimenti di una sostanza biancastra simile a quella rinvenuta nel fossato d’Auro nel maggio precedente.

A questo punto il pozzetto veniva sigillato, si impartiva alla ditta la prescrizione di effettuarne la pulizia smaltendo a norma di legge le sostanze presenti e si effettuavano nuovi campionamenti.

Da queste nuove analisi è emerso che la sostanza presente nel pozzetto al momento del sopralluogo era compatibile con la sostanza prelevata a maggio e conteneva un’eccessiva concentrazione delle sostanze rinvenute già dalle prime analisi (alluminio e solfati) ma questa volta con l’aggiunta di rame, solidi sospesi, azoto ammoniacale e nitrico, fosforo. Ciò significa che occasionalmente il fondo del contenitore veniva aperto in corrispondenza dell’apertura anche del pozzetto, permettendo così che in quest’ultimo entrassero dei residui di lavorazione dell’alluminio anodizzato. A.F., il 41enne "responsabile delegato all’ambiente”, si è comunque subito adoperato per adempiere alle prescrizioni impartite, dopo la denuncia.