Violenza sessuale su 22enne: confermata condanna per stupratori di Chiari

Tre richiedenti asilo nel 2016 abusarono di una 22enne

La ragazza è stata avvicinata con una scusa

La ragazza è stata avvicinata con una scusa

Chiari (Brescia), 10 novembre 2017 - Nessuno sconto. La corte d’Appello di Brescia ha confermato la condanna a cinque anni e quattro mesi nei confronti dei tre richiedenti asilo pachistani arrestati nell’ottobre del 2016 con l’accusa di avere violentato una ragazza nel parco delle Rogge a Chiari. La giovane, una 22enne di Chiari, aveva raccontato che i tre l’avevano aggredita mentre stava tornando a casa con il suo cagnolino dopo una serata passata con gli amici nei pressi della stazione ferroviaria.

I tre pachistani, ospitati a Chiari e Castrezzato in appartamenti messi a disposizione del sistema dell’accoglienza da privati cittadini, l’avevano avvicinata con una banale scusa quindi dopo averla afferrata per un braccio l’avervano trascinata all’interno del parco. Lì il terzetto aveva legato ad un albero il cagnolino e quindi a turno aveva stuprato la ragazza minacciandola di non raccontare a nessuno quello che era successo.

Dopo la violenza la giovane aveva contattato il fidanzato e si era fatta accompagnare dai carabinieri per denunciare quanto le era accaduto. I militari grazie alla descrizione della 22enne erano riusciti a individuare in pochissimo tempo ed a condurre in carcere i tre richiedenti asilo. Nemmeno la corte d’Appello (il processo di primo grado si è celebrato la scorsa primavera con il rito abbreviato) ha ritenuto credibile la versione dei tre pachistani arrestati dai carabinieri di Chiari subito dopo la denuncia della vittima. Zeeshan Raja di 24 anni, Sohail Tariq di 25 anni e Muhammad Suleman di 27 anni si erano difesi raccontando agli inquirenti di avere scambiato la ragazza per una prostituta e di avere concordato con lei una prestazione sessuale in cambio di 15 euro.

Ricostruendo quanto accaduto intorno alla mezzanotte del 10 ottobre 2016 i tre richiedenti asilo avevano aggiunto che subito dopo il rapporto sessuale la ragazza aveva preteso immediatamente il denaro digitando poi sul telefono cellulare di uno di loro il proprio numero. Nessuno gli ha creduto, né durante le indagine, né durante i due gradi di giudizio.