Trans trovata morta nel cassone del verde: Urago sotto choc per la fine di Marta

La transessuale di 34 anni nel quartiere era conosciuta da molti

Nel riquadro Marta Baroni, trovata morta in un cassone del verde

Nel riquadro Marta Baroni, trovata morta in un cassone del verde

Brescia, 25 agosto 2016 - «Ma è davvero la figlia della signora che fa la sarta in casa la ragazza trovata morta nel cassonetto della spazzatura? Non ci posso credere». La notizia della morte di Samantha Marta Baroni, la transessuale trovata ieri mattina senza vita in un cassone per la raccolta degli sfalci del verde in via Torricella di Sopra, è in breve arrivata nel complesso di case popolari dell’Aler costruite nel quartiere Abba a poche centinaia di metri da dove è stato scoperto il cadavere. E ha lasciato tutti attoniti, senza parole

«La mamma di Marta è distrutta - racconta una vicina prima di chiudere in fretta la porta del condominio dove la ragazza viveva con la madre da qualche tempo - I carabinieri mi hanno chiesto di starle vicino». Proprio la mamma della 34enne, che aveva terminato il percorso di cambiamento del sesso tanto da avere ottenuto anche un nuovo nome all’anagrafe, martedì sera aveva denunciato la scomparsa della figlia. Da cinque giorni la 34enne, che qualche tempo fa aveva avuto uno studio fotografico nella Bergamasca, non dava notizie di sé.

In molti si erano preoccupati. «Martedì sera ho visto Franco, un amico che conosceva molto bene Marta - racconta una donna che ultimamente frequentava la donna trovata morta da due operatori della nettezza urbana mentre stavano svuotando il cassone del verde - Mi ha detto che non la vedeva da diversi giorni. Era molto preoccupato». Questa mattina poi è arrivato il drammatico epilogo. «Ero al bar dove di solito ci vedevamo con Marta - racconta la donna - Un ragazzo è arrivato qui e ci ha detto che era stato trovato il corpo di una donna nel cassonetto di via Torricella. Ho pensato subito a Marta e sono corsa lì». Dopo qualche concitato minuto è arrivata la conferma al suo sospetto. «Ho chiamato Franco perché di Marta non conoscevo il cognome. Lui è arrivato in tutta fretta da Gardone e ha detto ai carabinieri che si trattava di lei».

Marta nel quartiere di Urago Mella era conosciuta. «Molto magra, con tanti tatuaggi - ricorda chi la vedeva in questa zona della città dove si vive ancora come in un piccolo paese - Tutti sapevamo anche del percorso che aveva fatto per cambiare sesso». In un altro locale della zona, il titolare se la ricorda seduta al tavolino con le cuffiette nelle orecchie e il cellulare in mano. «Se ne stava sulle sue - ricorda il barista - Ho iniziato a vederla da gennaio. L’ultima volta sarà stato a luglio».

Le indagini dei carabinieri per il momento hanno escluso la morte violenta. Sul corpo di Marta non sono stati trovati segni che facciano pensare a un omicidio. Potrebbe quindi essere stato un malore, forse provocato da una overdose. Solo l’autopsia e l’esame tossicologico disposto dal pm Roberta Panico chiarirà i dubbi «Non credo che sia entrata da sola in quel cassone - si lascia scappare una amica - Casa sua era a 200 metri di distanza. Forse era in compagnia di qualcuno. Quando si è sentita male chi era con lei si è fatto prendere dalla paura e può averla messa dentro quel cassone».