Marcheno, la missione del liquidatore: salvare la "fonderia dei misteri"

Incaricato dal tribunale. Tenterà di assicurare il lavoro ai 16 dipendenti

Marcheno, il giallo della fonderia

Marcheno, il giallo della fonderia

Marcheno (Brescia), 10 settembre 2016 - Non c’è pace per il doppio giallo di Marcheno: la scomparsa dell’imprenditore Mario Bozzoli, all’interno della sua fonderia, la sera dello scorso 8 ottobre; la sparizione e la morte di un dipendente, Giuseppe Ghirardini, ritrovato avvelenato con il cianuro sei giorni dopo, in una zona di boschi sopra Ponte di Legno. Il tribunale civile di Brescia ha nominato un liquidatore: è Giovanni Rizzardi, noto e stimato professionista bresciano. Una figura super partes, che dovrà valutare le iniziative più efficaci, le mosse migliori perché la fonderia di via Gitti prosegua nella sua attività, rimanga sul mercato dopo i gravissimi danni legati alla chiusura forzata di alcuni mesi, assicuri il lavoro ai sedici dipendenti. In altri termini, l’incarico di salvare la Bozzoli. La richiesta di ricorrere al liquidatore era venuta dai tre sindaci dell’azienda con un’istanza al presidente della sezione commerciale del tribunale, Stefano Rosa.

E’ l’ultimo atto di una storia che per ora ha visto soltanto ombre. Per il mistero di Mario Bozzoli sono indagati a piede libero per omicidio volontario e distruzione di cadavere i nipoti Alex e Giacomo Bozzoli, figli di Adelio, fratello maggiore e socio del’imprenditore svanito nel nulla, e i due operai che, con Ghirardini, erano al lavoro quella sera di ottobre, Oscar Maggi, e il senegalese Aboagye Akwasi, detto Abu.

Attorno alla metà di aprile il lavoro alla Bozzoli riprende, all’inizio con il forno piccolo. C’è qualche buona prospettiva legata alle commesse. Dai vertici aziendali è arrivata l’assicurazione che la ripresa riguarderà tutte le maestranze e che se gli ordini caleranno verranno utilizzate le ferie residue prima di prima di attivare una nuova cassa integrazione. I vertici sono Irene Zubani, moglie di Mario Bozzoli, nominata in gennaio curatrice della quota societaria del marito, e il cognato Adelio, che continua a detenere il 50%. Come a dire il padre di due degli indagati e la donna che quando aveva presentato la denuncia di scomparsa, aveva fatto mettere a verbale che il marito temeva i nipoti e intendeva denunciarli per il comportamento nei suoi confronti. I dissidi iniziano da subito, quando Adelio Bozzoli si oppone alla richiesta della cognata di avere, oltre al 50% del marito, anche una cifra sull’usufrutto dell’1% di quote. Sulle basi di equilibri familiari tanto compromessi, anche l’accordo aziendale fra i due soci si rivela impossibile. In maggio i sindaci e Adelio Bozzoli si presentano alla sezione commerciale del tribunale.

All'uscita, Bozzoli distilla poche parole: «Mi dispiace molto per mio fratello. Cosa provo dopo sette mesi? Non ho parole. I miei figli? Non dico niente». Un’altra crcostanza ingarbuglia la matassa, già intricatissima, del doppio giallo della Valtrompia. Le scorie di lavorazione della Bozzoli, una massa di circa 50 tonnellate, dopo essere transitate alla Beretta di Gardone, sono state stoccate in due caserme di Milano, la Montello e in parte alla Mercanti. L’antropologa forense Cristina Cattaneo le analizza da mesi alla ricerca di una traccia anche minima di Mario Bozzoli. Ma dall’1 novembre la Montello accoglierà 300 profughi. Cosa ne sarà delle scorie della Bozzoli?