2009-12-17
«TUTTI I CITTADINI hanno pari dignità sociale senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali». Così recita l’articolo 3 della Costituzione italiana e la sentenza del giudice bresciano Elisabetta Sanpaolesi, che costringe a ritirare l’ordinanza del sindaco leghista di Ospitaletto, che obbligava gli stranieri a presentare la propria fedina penale per iscriversi all’anagrafe e richiedere così la residenza in paese, appare essenzialmente un atto dovuto. È stato dunque accolto il ricorso presentato nei mesi scorsi da un ragazzo d’origine liberiana, appoggiato dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione e dalla Camera del Lavoro e portato avanti dal legale Alberto Guariso (quello del ricorso vinto dalla Cgil sulla questione del «Bonus Bebè» con la Loggia). Il giovane liberiano, inoltre, risulta essere un rifugiato politico presente in Italia dal 2002 con un permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari; praticamente scontata una “macchia” sulla fedina penale emessa dal proprio Stato d’origine. Giorgio Prandelli però non ci sta e rilancia: «La sentenza deriva dalla rinuncia da parte dell’avvocatura dello Stato che riteneva non legittima la mia ordinanza, ma non penso che il ministro Maroni la pensi allo stesso modo. Insieme al collega Oscar Lancini, nostro responsabile degli Enti locali, faremo un’interrogazione al ministero per sapere cosa ne pensa su queste questioni». La linea del sindaco di Ospitaletto dunque non cambia «ritengo questa ordinanza uno dei pochi strumenti validi che abbiamo per conoscere chi entra a casa nostra». F.V.