Stranieri inesperti e cucine vuote. Lago di Garda, emergenza estate

Hotel e ristoranti in difficoltà: "Alcuni non parlano neanche italiano"

Barca a vela sul lago di Garda

Barca a vela sul lago di Garda

Brescia, 25 giugo 2017 - Il prossimo solstizio d’estate non potrà che confermare le previsioni e la tendenza: regalerà al Garda il solito bilancio positivo da terzo polo italiano per numero di vacanzieri. Ma è una rosa piena di spine per un lago capace di richiamare oltre 25 milioni di turisti l’anno e allo stesso tempo costretto (per l’80%) ad affidare le sue fortune alla sola, bella stagione: ristoranti che faticano a trovare cuochi nei periodi di maggiore necessità e hotel costretti a rimediare personale non sempre qualificato, mendicare maître che non si trovano, elemosinare camerieri e personale di sala senza riuscire a riempire gli organici necessari. Situazione che sta diventando vera e propria sofferenza e costringendo molti operatori a ricorrere a stranieri (albanesi, romeni, filippini) disposti ad accettare assunzioni a termine pur non essendo sempre in grado di garantire un utilizzo corretto della lingua italiana e un’adeguata informazione sulle eccellenze enogastronomiche del territorio, conoscenza che il personale dovrebbe quantomeno possedere. Risultato: è un lamento generalizzato quello che arriva da Sirmione e Limone, da Garda e da Malcesine.

Drammatica la situazione sulla sponda veneta, che da sola intercetta oltre metà del totale dei turisti ma dove la rete alberghiera (complessivamente 460 hotel) è di livello medio, con un solo «piccolo 5 stelle», pochi 4 stelle e un mare di 3 stelle e di camping, che sono poi le strutture più in crisi e meno appetibili per i giovani che escono dalle scuole alberghiere e aspirano a trovare contratti d’assunzione stabili. Risultato: mancano camerieri, addetti alle camere e alle cucine, perfino portieri notturni. E se la situazione sembra meno drammatica sulla riva trentina del Benaco, è critica anche sulla sponda bresciana (378 hotel), che è poi quella – come conferma Marco Girardi, direttore del Consorzio Lago Garda Lombardia – che vanta un settore hôtellerie di alto livello (undici 5 stelle e 87 quattro stelle).

Se la cava ovviamente meglio il comparto lusso, anche per la maggior disponibilità dei giovani a prestare servizio in alberghi di prestigio che poi servono a qualificare il curriculum lavorativo, mentre in quello intermedio (3-4 stelle) i conti non tornano. E le cause – confermano Paolo Rossi, responsabile Federalberghi del Bresciano, e Paolo Arteglio, presidente della Fipe veronese – sono sempre le stesse: scarsa formazione professionale, poca disponibilità ad accettare lavori precari e non risolutivi, un crescente gap tra le aspettative lavorative di chi è alla prima occupazione e le mansioni (durissime) che si vede proporre. Sotto accusa la rete formativa delle Scuole alberghiere, lo stesso sistema degli stage che evidentemente non basta a tamponare le falle, ma anche gli effetti perversi di una ‘generazione Masterchef’ cresciuta con l’illusione che lavorare (specie in cucina) sia una bella avventura da vivere subito, senza la classica e frustrante gavetta.

E intanto da Milano arriva anche l’appello di Maurizio Naro (Federalberghi) e Luigi Stoppani (presidente nazionale Fipe) a ripristinare i voucher, strumento che permetteva ad albergatori e ristoratori almeno di rimediare a picchi lavorativi (ad esempio nei weekend) con il ricorso easy a nuovo personale. Allarme lanciato anche da Manuela Rovelli, presidente di Arthob che aggrega ristoranti, osterie e trattorie dell’area compresa tra il Garda e il lago d’Iseo: «Almeno il 10% dei nostri 300 soci dichiara di non sapere come affrontare questa emergenza. La verità è che il turismo è una grossa meringa sotto il sole dei nostri laghi. Ma rischia di squagliarsi».