Castegnato (Brescia), 20 aprile 2014 - Il telefono a casa sua squilla un po’ di volte a vuoto. Alla fine, quando stai per riattaccare, Giancarlo Orini alza il ricevitore in extremis e domanda perentorio: «Chi è?». Poi dice: «Ero abituato con i carabinieri, venivano a controllarmi tutti i giorni. Mi suonavano al citofono ma non sentivo. Allora ho scritto sul campanello ‘per favore telefonare che non sento’. Ero convinto fossero loro». Settantacinque anni, profeta dell’indipendentismo in salsa bresciana, Orini da venerdì è tornato libero. Insieme a Flavio Contin era l’unico dei 24 aspiranti «secessionisti» arrestati con l’accusa di volere organizzare la sollevazione del Lombardo-Veneto a colpi di tanko e armi leggere a godere della misura dei domiciliari per ragioni di età. È rimasto confinato nella sua abitazione di Castegnato, Ovest bresciano, per due settimane. Poi venerdì il Riesame ha cambiato le carte in tavola, scarcerando 7 persone, trasferendone 4 dal carcere ai domiciliari e nel caso di Orini revocando la misura.

«Quando l’ho saputo non ho provato gioia — racconta l’ex imprenditore, una ditta di noleggio camper — Invece di essere contento mi è venuta addosso una grande malinconia. Ho pensato agli amici che sono ancora in prigione e ho provato tristezza. Sa che le dico, continuerò a stare ai domiciliari finché non metteranno fuori tutti, per solidarietà». Prende fiato e poi il nume tutelare di Brescia-Patria che inneggia alla Confederazione elvetica («Lascia fare agli Svizzeri, tu. Hanno mai fatto guerre? Stanno benone loro. Da noi rubacchiano e basta. Dovremmo copiarli») continua: «Ho sentito al telefono Manessi (uno dei quattro bresciani usciti dal carcere, ndr). A Canton Mombello ha fatto un’esperienza incredibile, scoprendo la grande umanità e solidarietà tra detenuti. 

Era lì senza niente e loro gli hanno dato tutto. Era senza scarpe e un negher (negro in dialetto, ndr), detto senza offesa, gli ha prestato le sue. Moriva di fame e un romeno dentro per furto gli ha offerto metà del suo panino». Quanto alle accuse di voler fare la rivoluzione con la violenza, Orini sorride: «Guardi, mi sono letto tutte le intercettazioni. Caspita, ma questi Ros ho capito che sono proprio professionisti di livello eccellente. Ci hanno ascoltati e seguiti dappertutto. Tu dimmi se dovevano sprecarsi dietro a quattro gatti, illusi che sognano l’autonomia e volevano fare solo un po’ di rumore. Bastava che un carabiniere mesi fa venisse da noi e ci dicesse “Piantatela lì con questa cazzata, state esagerando”».Eil tanko? «Che vergogna quando ho letto un’intervista a un progettista di carri armati che l’ha definito catorcio. Ma quale sparare e sparare, volevamo solo nasconderci dentro per evitare che le forze dell’ordine magari ci aggredissero. Comunque quando tutto sarà finito torneremo a occupare piazza san Marco, sì. Ma con la bicicletta».

beatrice.raspa@ilgiorno.net