Brescia, 26 marzo 2014 - Il 28 aprile di due anni fa, durante una partecipata manifestazione contro il “canile degli orrori”, fecero irruzione a Green Hill liberando quanti più beagle potevano. Quelle foto con i cuccioli passati al di sopra della recinzione dell’allevamento di Montichiari fecero il giro del mondo. Ora i 13 attivisti, quattro uomini e nove donne, assurti a eroi della liberazione dalla vivisezione, sono a giudizio. Rispondono a vario titolo di resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, furto, rapina e lesioni. Furono fermati quella sera stessa e accompagnati in carcere. Il 30 aprile 2012 tornarono in libertà. Ieri il dibattimento, preceduto da un presidio di solidarietà con striscioni all’esterno del tribunale, è entrato nel vivo. Davanti al giudice sono sfilati i testimoni del pm Ambrogio Cassiani e della parte civile.

In aula è stata la volta delle forze dell’ordine e di alcuni rappresentanti dell’azienda. I carabinieri della compagnia di Desenzano del Garda, con il capitano Fabrizio Massimi, intervenuti al corteo con la Digos e la polizia locale. Il serpentone di folla, arrivata da tutta Italia, alle 16 non era più compatto. «Alcuni gruppi si erano staccati per accedere all’allevamento — ha raccontato il dirigente della Digos Giovanni Destavola —. Alle 16,24 è avvenuto lo scavalcamento delle reti e nell’azienda è scattato l’allarme. Siamo entrati e abbiamo visto gente dentro e fuori, alcune gabbie aperte, persone che se ne andavano con i cuccioli».

Stando ai responsabili dell’allevamento, durante il blitz furono sottratti 70 cani (tre poi furono restituiti). E l’incursione provocò danni che i vertici di Green Hill (a processo il 23 giugno prossimo per maltrattamenti e animalicidio, ndr) hanno quantificato in quasi 300mila euro: mille per ogni beagle rubato più 200mila per il resto. «Quando sono entrato ho visto reti tagliate, i vetri degli uffici rotti, animali usciti dai capannoni — ha testimoniato il direttore Roberto Bravi —. Alcuni hanno bevuto disinfettante per sbaglio. In giro c’erano mozziconi, bottiglie e pezzi di cartelloni. Le luci termiche per scaldare i cuccioli erano state spente, provocando un drastico abbassamento della temperatura».

Il veterinario Roberto Graziosi ha rincarato la dose: «Gli animali erano ingestibili, nervosi, mangiavano poco. Molti accusavano diarrea con sangue nelle feci. Dopo qualche giorno abbiamo scoperto che le fattrici avevano scarsa propensione all’accudimento e alcuni cuccioli avevano contratto il parvovirosi, patologia intestinale che nel giro di un mese e mezzo ha provocato una ventina di morti. Quattro cani invece sono deceduti per colpa del disinfettante bevuto». Ma per i difensori quel virus letale potrebbe essere stato inoculato da vaccini pregressi. Non è dunque dimostrabile il collegamento con l’irruzione. Il processo è aggiornato al 26 maggio.