Brescia, 26 gennaio 2014 - Una maratona dei diritti lesi, perché, tra vicende giudiziarie e querelle tra medici, non ci si dimentichi dei malati a cui una risposta va data. Il metodo Stamina funziona o no? E se i preparati di cellule sono solo «olio di serpente», perché sono entrati in una struttura pubblica? Il 3 febbraio, una ventina tra genitori e pazienti saranno in Cassazione a depositare una proposta di legge popolare per il diritto ai trattamenti con le cellule staminali mesenchiamiali adulte. Oltre alle manifestazioni, dunque, il fronte dei pazienti imbocca anche la via dello strumento normativo. A promuovere l’iniziativa di legge popolare, fornendo la consulenza tecnica necessaria, è stato Alleanza, un organo di vigilanza sui lavori delle istituzioni che opera tra Brescia e Roma.

«È nato nel 2011 — chiarisce la fondatrice e presidente Elisa Monica Visconti Salvi, sociologa — e ne fanno parte medici, magistrati, avvocati. Non ha nulla a che fare con i partiti. Vogliamo vigilare sulle azioni di governo ed enti pubblici per tutelare i diritti naturali dei cittadini e fornire degli strumenti per poterli far rispettare». Anche se nel testo non si parla mai di metodo Stamina, i diritti naturali lesi sarebbero quelli dei pazienti in cura a Brescia e dei malati che non hanno la libertà di scegliere i trattamenti con cellule staminali mesenchemiali. «Innanzitutto si chiede allo Stato di assumersi la responsabilità di rispondere della scelta fatta nel 2011, quando venne avallata la convenzione tra Stamina Foundation e Civile, tramite il nulla osta dato da Aifa. Anche all’Agenzia del farmaco si chiede di rispondere di quella stessa scelta e di quelle contrarie dei mesi successivi. C’è anche la corresponsabilità delle regioni che in autonomia dovrebbero sgravare il Civile».

Viene proposto anche di accelerare i processi di sperimentazione, di modificare alcuni articoli del Decreto Turco Fazio e della legge di conversione Balduzzi, di permettere ai malati che non hanno nessuna alternativa terapeutica sanitaria nazionale comprovata ed efficace di poter accedere alla metodica senza i vincoli burocrratici in vigore. Un testo che sembra presupporre la bontà del metodo Stamina, nonostante l’opinione negativa di gran parte della comunità scientifica. «È una battaglia per i diritti, non vogliamo entrare nella validità della metodica, anche perché non ne avremmo gli strumenti. Se è vero che non funziona, però, lo Stato ha permesso a tante persone di sperare, quindi ne deve rispondere». E Vannoni? «Non giudichiamo né le azioni né la persona. Il punto è la tutela dei diritti. Non vogliamo che questa vicenda diventi oggetto di battaglie partitiche o di interesse elettorale. La proposta di legge non sarà da ostacolo a comitati e associazioni nati attorno a questa vicenda, bensì uno strumento in più».