Brescia, 11 gennaio 2014 - Un clochard, con alle spalle un curriculum movimentato quanto a furti e furtarelli, vìola la misura di sorveglianza speciale che lo obbliga a rimanere in casa la sera e la notte. Peccato che il domicilio del senzatetto sia una panchina in un parco pubblico. Conclusione: non trovato dai carabinieri laddove era stato confinato — sulla panchina, appunto — il trasgressore viene arrestato e poi processato. Arriva una condanna a dieci mesi in primo grado e una assoluzione in appello «perché il fatto non sussiste».

La vicenda non desterebbe alcuna curiosità se non fosse per un significativo particolare capace di trasformare un episodio di routine in un ironico paradosso. L’alloggio del protagonista della storia, Ilario Bonazzoli, 43enne di Brescia che vive di espedienti, quando non coincide con una cella — al momento è detenuto — è in qualche scatolone allestito sotto un portico. Per rispettare la misura di prevenzione che lo obbligava a dimorare dall’imbrunire all’alba tra le quattro mura domestiche, l’interessato non si sarebbe dovuto allontanare dalla panchina prescelta. I fatti da cui il 43enne è stato scagionato — l’iter giudiziario si è concluso di recente — risalgono al 2009.

Sorvegliato speciale nel Comune di Borgosatollo, primo hinterland bresciano, Bonazzoli in sede di redazione del verbale di sottoposizione agli obblighi elesse a domicilio una panchina sul retro di un edificio in via Roma 13, in un parco. Il clochard, difeso dagli avvocati Carlo Motta Masini e Luciano Garatti, sebbene fosse obbligato a rimanere in casa per ben tre volte (il 30 maggio, il 5 e 10 giugno 2009) dopo le 21 decise di andar per viole. «I controlli della polizia giudiziaria furono compiuti all’interno del giardino indicato nel predetto verbale e si conclusero con esito negativo, nessuna traccia del Bonazzoli fu trovata», recita la sentenza d’appello ricostruendo i fatti.

In quei giorni al senzatetto garbava dormire in città, dove fu rintracciato. Insomma, finì nei guai per violazione reiterata all’articolo 9 della legge 1423/56, norma che punisce chi non rispetta le misure di prevenzione con l’arresto da tre mesi a un anno. In primo grado al senzatetto furono concesse le generiche ma lo stesso non riuscì a evitare una condanna a dieci mesi. Il verdetto è stato ribaltato dalla corte d’appello — presidente Enzo Platè — che pronunciandosi per l’assoluzione ha messo in luce il cortocircuito di cui era vittima l’imputato: «Essendo privo il Bonazzoli di fissa dimora, tanto che aveva indicato quale luogo dove sarebbe stato reperibile un giardino pubblico, non può stimarsi che il mancato rintraccio costituisca violazione dell’obbligo di permanenza presso l’abitazione nelle ore notturne, che logicamente presuppone la obiettiva circostanza che il soggetto disponga di un’abitazione — si legge nel dispositivo —, ovvero di ciò che nel caso di specie pacificamente faceva difetto all’imputato».

di Beatrice Raspa