Sono 40 i pazienti che ricevono la cura compassionevole con metodo Stamina a Brescia. Un numero limitato, però, rispetto ai quasi 160 in lista d’attesa, ovvero persone che hanno ottenuto il via libera da un tribunale, mentre sono già 107 i malati ai quali è stato rigettato il ricorso. Intanto oggi alle 16 e 30 al centro sportivo comunale di Travagliato, in provincia di Brescia, si terrà una giornata di solidarietà a sostegno della Stamina Foundation promossa dal Movimento.

 

Brescia, 22 settembre 2013 - Via dall’Italia. Per realizzare altrove le staminali con il metodo Vannoni, che poi metodo non è secondo gli scienziati chiamati a esprimersi dal ministero della Salute. È quello che stanno pensando di fare i pazienti in cerca di cure. La conferma arriva anche da Davide Vannoni, discusso presidente di Stamina Foundation, da mesi ormai al centro di feroci polemiche. Le infusioni negli ospedali, le manifestazioni in piazza.

Professore, un laboratorio all’estero per produrre cellule mesenchimiali?

«Se dei pazienti si organizzano in modo autonomo, non abbiamo nulla da opporre, anzi abbiamo dato già la disponibilità a produrre gratuitamente. Non costruiamo noi un laboratorio direttamente, perché non ne abbiamo i mezzi».

Da dove prende i soldi Stamina?
«Oggi i fondi arrivano da me stesso e dalle donazioni. Neanche un euro dai pazienti. Una quota importante è arrivata da Medestea, multinazionale farmaceutica».

Che accordo c’è con loro?
«Medestea si è impegnata a versare due miloni di euro, per ora pagati solo in parte. In cambio, svilupperà la metodica all’estero. Un accordo di cui siamo contenti, che però è fermo. Io, comunque, sto parlando con delle università straniere, per andare a fare una sperimentazione seria».

Teme che dopo la bocciatura del Comitato, salti la sperimentazione in Italia?
«La sperimentazione è stata sancita dalla legge, per cui per farla saltare il ministro Beatrice Lorenzin dovrebbe fare un’altra legge. Di sicuro, però, non si può fare la sperimentazione con il comitato che c’è, perché non è imparziale».

Come mai la scelta di non intervenire in Tribunale nelle cause intentate dai parenti dei malati?
«Ci sono state 300 udienze: o andavo da tutti, e sarebbe stato impossibile, o da nessuno».

Come mai non ci sono pubblicazioni scientifiche sul vostro metodo?
«In realtà ci sono gli articoli dei biologi russi, che lavoravano per noi e da cui, secondo i nostri detrattori, avremmo copiato. Al di là di questo, per poter pubblicare bisogna avere una quantità sufficiente di dati, ma le terapie erogate in passato sono state tutte interrotte. Non appena avremo dei dati, pubblicheremo».

Quante richieste sono arrivate a Stamina per accedere alla terapia?
«Saremo a 28.000, alcune ripetute, ma la cifra è più o meno quella».

Il ricorso dell’Ospedale Civile contro il provvedimento del giudice per la piccola Sofia apre un interrogativo: le ordinanze valgono anche oltre le prime 5 infusioni?
«Le infusioni sono cinque per ragioni tecniche. È il medico prescrittore che decide quante ne servono, sta a lui prendere una decisione in base ai risultati. Il ricorso del Civile mi sembra espressione di una medicina burocratica».

Probabilmente li Spedali vogliono solo tutelarsi.
«L’ospedale ha sempre saputo cosa iniettava e le procedure in atto. Lo sapevano anche l’Aifa e il Ministero, che hanno dato il via libera. Poi è arrivata l’inchiesta sulla Stamina dalla Procura di Torino e il resto dell’ospedale si è ribellato. Oggi riscontro, non da tutti i medici, ma da chi apre e chiude i rubinetti sopra di loro, una grave scorrettezza».

Cioè?
«Stanno facendo male la raccolta dati, che dovranno portare al Tar il 7 ottobre. Fossi in loro farei di tutto per dimostrare di aver agito per il bene dei pazienti».