Brescia, 8 giugno 2013 - «Non volevo ucciderli. Le immagini delle telecamere dimostrano che dico la verità: li ho avuti a un metro di distanza eppure non ho sparato. L’ho fatto solo in un secondo momento». Mauro Pelella l’ha ripetuto un’altra volta: da quei banditi si era sentito minacciato, per questo fece fuoco. Anche ieri, in occasione del processo d’appello. Ma la corte – presidente Enrico Fischetti – di nuovo non ha creduto alla guardia giurata della Fidelitas. E ha confermato la condanna a 11 anni e 4 mesi per omicidio volontario.

Unico beneficio concesso al 41enne, papà di una bimba nata proprio in concomitanza della rapina che gli fruttò l’accusa di omicidio, la revoca della sospensione della potestà genitoriale.
La vicenda di cui fu protagonista fece scalpore. Il 4 aprile 2011 Pelella sparò a una banda di rapinatori in fuga dalla Cassa rurale artigiana di Quinzano d’Oglio. Due rimasero a terra, morti. La guardia, in via Cavour con un collega a bordo di un portavalori, si imbattè nei banditi appena usciti dalla banca con addosso 10.300 euro. All’indirizzo della Fiat Bravo con cui tentavano di dileguarsi, esplose un caricatore con 15 colpi.


Otello Astolfi, 62 anni, ravvennate di casa a Torino e Ivan Alpignano, 38enne di Caselle torinese, furono raggiunti dai proiettili. Dario Delle Grottaglie, trentenne di Ciriè, uscì illeso e fu catturato qualche ora dopo (processato, è stato condannato a 4 anni e 6 mesi). Un quarto uomo, Mario Saltarelli, 59enne torinese, fu invece arrestato a distanza di un anno ma fu assolto. Frattanto da parte di Patrizia Scalvi, legale di Pelella – ai domiciliari – il ricorso in Cassazione è assicurato. Per il suo assistito aveva chiesto l’assoluzione per legittima difesa putativa o per eccesso colposo. O, ancora, la derubricazione in omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento.


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