di Beatrice Raspa

Montichiari, 8 luglio 2012 - Onorevole Michela Vittoria Brambilla, ha letto che cosa dice Ghislane Rondot? Ama gli animali. Le pare possibile?
«Guardi, non mi faccia commentare. Chi è questa signora? Per me è il nulla. Fatico a chiamarla direttrice. E per favore, Green Hill smettiamola di chiamarlo allevamento. E’ un lager, punto. Questa gente difende l’indifendibile. Immagino girino tanti soldi. Dietro la sperimentazione e la vivisezione c’è un’unica parola: lucro».

Green Hill però era al centro di un’inchiesta giudiziaria della Procura archiviata. Rispetta la legge
«Premesso che la legalità formale non è sempre una garanzia, perché anche i bilanci di Parmalat hanno sempre passato i controlli. Qui c’è in gioco una questione morale. Non è in regola tout court con le coscienze e i sentimenti di milioni di persone. Poche volte la volontà popolare si è espressa con tanta chiarezza. Di solito si scende in piazza in nome dei propri interessi. Nello specifico si lotta per la vita agli animali. Gratuità assoluta. Perché la Marshall non fa i bagagli?»

Madame Rondot è esasperata dai manifestanti, sostiene siano un manipolo di ultras.
«Per favore, che questa gente non offenda i sentimenti degli italiani. Prima di presentare l’esposto in Procura sono stata a Green Hill. Si fidi. È agghiacciante. Fabbrica di morte è il termine giusto. Le finestre non esistono, la luce è solo al neon. Niente cucce, niente scodelle per l’acqua ma solo dispositivi a beccuccio. Chi mi portava in visita chiamava i cani prodotti, con un numero davanti alle gabbie. Esiste anche il maltrattamento psichico, sa? Non ha idea di quanto bisogno avrebbero quegli animali di carezze».

La signora si domanda pure perché lei debba essere considerata peggio degli allevatori di animali da bistecca e da pelliccia...
«Contestare gli allevamenti intensivi di animali da reddito è quello che gli animalisti fanno ogni giorno nel mondo intero. Non è una novità. Nel caso di Green Hill c’è una aggravante: abbiamo a che fare con il cane, animale d’affezione per eccellenza, che gli italiani considerano uno di famiglia. In Italia l’86% è contrario alla sperimentazione. E pure in America la percentuale è salita al 43%. Tra i giovani di 18-29 anni è del 59%, con un aumento del 25% in 10 anni. Quanto al fatto che i test sugli animali siano indispensabili, migliaia di illustri scienziati smentiscono madame Rondot. E io dico che la vita è unica. Contrapporre la sofferenza di uomini e animali è un artificio dei vivisettori».

La legge al vaglio delle Commissioni in Senato cambierà le cose o sarà un panno caldo come sostiene qualcuno?
«L’approvazione dell’articolo 14 nella sua attuale formulazione farà chiudere Green Hill. Chi vorrà fare esperimenti su cani, gatti e scimmie antropomorfe dovrà procurarsi gli esemplari all’estero. Anche due ministri hanno dato parere favorevole. So bene che un permesso negato qui lo danno oltre frontiera. Ma almeno l’Italia sarà un faro di civiltà per la comunità europea. Darà l’esempio».

E lei? Ha animali?
«Scherza? La mia casa (in provicia di Lecco, ndr) è uno zoo. Vivo in compagnia di 34 gatti, 7 capre, 3 cavalli, un minipony, 2 asini, 2 daini, 200 piccioni, 3 galline e 15 cani. Anzi 16: da ieri (venerdì, ndr) si è trasferita da me anche Lara, un pastore maremmano cui un agricoltore ha tirato una badilata in testa».

beatrice.raspa@ilgiorno.net