Brescia, 7 luglio 2012 - Sono umana, sa? Non sono un mostro. Io amo gli animali. Non potrei stare senza i miei pastori tedeschi, le mie tartarughe e il mio gatto che mi dorme addosso». Mentre parla, Ghislane Rondot, francese di Lione, allunga il cellulare per mostrare un gattone che ha preso stabile possesso dello schermo del suo telefonino. Un gesto per molti di routine, su cui però l’occhio si posa in quanto a compierlo è l’amministratrice di Green Hill, il canile di Montichiari dove si allevano beagle destinati ai laboratori di mezza Europa.

Nell’opinione comune l’allevamento lager per antonomasia, bersaglio di migliaia di persone che ne invocano la chiusura. Per la prima volta madame Rondot, biologa di Lione che gestisce l’azienda per conto della multinazionale Marshall, parla con un giornale. Rintuzzando le accuse. «Finora sono stata zitta ma ora basta. Dicono di noi cose terribili, l’informazione è distorta. Perché a Green Hill dobbiamo avere la fama di assassini quando nulla di ciò che si crede è vero? Rispettiamo la legge. E allora gli allevamenti di animali da bistecca? E quelli per ricavare pellicce? Perché la gente non dà battaglia per chiuderli?».

La Rondot è minuta, con un abito rosa e l’aspetto di chi potrebbe fare shopping con un chiwawa al guinzaglio. «Fare quel che faccio non è un piacere, che cosa crede? Ma sono una biologa, e so che il mio lavoro è necessario alla salute umana. Al momento purtroppo nel campo della sperimentazione di farmaci non sono ancora stati scoperti metodi alternativi ai test sugli animali». I beagle, sostiene, sono particolarmente adatti allo studio.

«Quando 20 anni fa entrai in Marshall e mi dissero che avrei lavorato con i cani mi rifiutai — continua la Rondot — Poi ho capito che sarebbe stato per una buona causa e se non me ne fossi occupata io lo avrebbe fatto qualcun altro. Il mercato nero, senza controlli né regole».

La manager aggiunge: «A Montichiari alleviamo cuccioli per laboratori e università che sondano gli effetti dei medicinali contro il cancro, la leucemia e l’Hiv. è la legge che impone alle aziende farmaceutiche di appoggiarsi a allevamenti professionali. Noi non eseguiamo test, sia chiaro. E comunque anche nei laboratori non si pratica la vivisezione come la si intende comunemente. Al massimo gli animali sono sottoposti a piccoli prelievi di tessuti in anestesia».

Sul tavolo c’è il provvedimento di archiviazione dell’inchiesta a suo carico per maltrattamenti: 4 pagine in cui il gip scrive che a Green Hill i cani «sono allevati con cura dalla nascita alla vendita». «La Procura ci ha spedito a sorpresa lo stato maggiore dell’istituto Zooprofilattico a controllare. Può venire anche lei. Ci fanno tre verifiche a settimana». E allora il video diffuso sul web con la voce di un presunto ex dipendente che fa riferimento a soppressioni non a norma? «Quell’uomo non era un dipendente, ma una persona della security che abbiamo scoperto essere un attivista — ribatte la Rondot — Sono state estrapolate frasi legate al tasso di mortalità dei cuccioli, che non supera il 15%, poi montate ad arte».

Tutte bugie, insomma. «Già. Lo era pure il filmato di Striscia la notizia con i cani squartati. Immagini di autopsie per accertare le ragioni dei decessi».

beatrice.raspa@ilgiorno.net