Montichiari, 26 marzo 2012 - C’è chi sostiene che non si possa fare ricerca senza testare i prodotti sugli animali, chi invece è convinto che un’alternativa ci sia: la cultura di cellule ad esempio, oppure test su tessuto umano. C’è chi assicura che, a differenza del passato, gli animali oggi non soffrono, perché anestesizzati e chi, al contrario, racconta di morti indescrivibili. La sperimentazione animale, comunque la si veda, sta facendo molto discutere in questi ultimi anni: mondo scientifico in primis, ma anche politici, animalisti e gente comune.

Siamo andati a visitare Green Hill, l’azienda nella Bassa bresciana che alleva cani beagle destinati alle case farmaceutiche e la riflessione è sorta spontanea: poveri cuccioli costretti a vivere dietro le sbarre oppure poveri noi se non ci fossero le medicine testate, appunto, sugli animali? Chi in quell’azienda ci lavora, come il biologo Bernard Gotti, consulente Marshal per Green Hill, che ci ha accompagnato durante la visita, si dichiara «fiero di essere il primo tassello di una lunga catena che porta poi alla produzione di medicine salvavita per l’uomo. Il nostro è un dovere morale».

Sono ben 2.500 i cani allevati a Montichiari, 3mila nascono ogni anno, altrettanti vengono venduti nello stesso periodo. Cinque capannoni, più di 800 gabbie e l’abbaiare dei beagle si sente già da lontano. Appena ci vedono iniziano a saltare nelle loro gabbie. Le apriamo qualche cane esce subito e si lascia coccolare, altri, invece, hanno timore e restano dentro ancora un po’. Poi timidamente raggiungono i compagni e poggiano il muso sulla nostra mano. Sono dolcissimi, per questo, spiega il consulente vengono scelti: «È una razza molto socievole - afferma Gotti – e in una sperimentazione anche questo conta. Gli animali qui sono trattati benissimo e hanno sempre da mangiare».

C’è chi non la pensa così. Come l’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, da sempre in prima linea contro la sperimentazione animale e gli allevamenti di cavie: «Quanta ipocrisia e falsità nelle parole di questi difensori della vivisezione che si può pure chiamare sperimentazione animale, ma non cambia in alcun modo la sostanza. Ognuno dei cani di Green Hill finirà la sua breve esistenza tra atroci sofferenze. E poco importa se si rispettano le normative igienico-sanitarie vigenti, quello che fa è eticamente inacettabile ed è per questo che deve chiudere per sempre».

di Serena De Simone

serenadesimone@ilgiorno.net