Brescia, 26 gennaio 2012 -Tra il 2008 e il 2010 le imprese di Apidustria hanno rialzato la testa, ma la crisi economica è lontana dall’essere superata. La conferma arriva dalla stessa associazione per l’impresa che conferma una situazione allarmante: un fallimento al giorno in provincia di Brescia: «I risultati positivi dei primi mesi del 2011— ha spiegato Maurizio Casasco, presidente di Apindustria — sono stati praticamente annullati nel secondo semestre dell’anno appena concluso. Siamo in recessione, ma le possibilità per ripartire non mancano».


Le ricette sono sempre le stesse: rete d’impresa, maggior accesso al credito per le imprese e internazionalizzazione. «Come associazione cercheremo di sostenere i nostri iscritti su questi aspetti — ha confermato Casasco — oltre a strumento di rappresentanza dobbiamo diventare sempre più creatori di opportunità per le imprese che non devono sentirsi abbandonate».


Tornando ai dati presi in esame dallo studio realizzato da Apindustria con la collaborazione dell’Università degli studi di Brescia che ha analizzato i bilanci 2008, 2009 e 2010 di oltre 700 aziende, si nota che i fatturati dopo il crollo verticale del 2009 hanno avuto una lenta ripresa seppur con differenziazioni a seconda delle dimensioni. «Il fatturato medio è stato nel 2010 di 6,5 milioni di euro — ha spiegato il professor Claudio Teodori, prorettore dell’Università degli Studi di Brescia che ha curato l’indagine — ancora lontano dai 7,3 milioni di euro del 2008, ma il dato è positivo se confrontato con quello del 2009 che si era fermato a poco più di 5,6 milioni di euro».
 

Le differenze come detto si sono avute a seconda delle dimensioni. «Chi non è stato in grado di guardare ai mercati esteri o a trovare forme d’aggregazione ha subito di più e questo è avvenuto per le micro imprese — ha commentato Teodori — mentre per le aziende con fatturati superiori ai 50 milioni di euro abbiamo assistito a una crescita che ha portato non solo a recuperare, ma a superare i livelli del 2008». Per le micro aziende le difficoltà maggiori riscontrate sono legate al peso degli oneri finanziari che, come ha sottolineato Casasco «sfiorano il 30% sulla differenza tra valore e costi della produzione sui quali gravano i costi del lavoro».