Brescia, 14 maggio 2011 - Ha lasciato  il carcere di Cremona. Mauro Pelella, la guardia giurata che il 4 aprile freddò due rapinatori a Quinzano d’Oglio, non è più detenuto e ha ritrovato una parziale libertà. Ha avuto successo la tempestiva azione del difensore Patrizia Scalvi subito dopo la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo la norma del cosiddetto «pacchetto sicurezza» che prevedeva il carcere obbligatorio per gli accusati di omicidio volontario, escludendo la possibilità di misure alternative. Nella mattinarta di ieri il legale di Pelella ha presentato l’istanza al gip di Brescia Luciano Ambrosoli che ha deciso dopo avere sentito il parere (non vincolante) del pm Pinto.

 

Al momento non è possibile sapere quale sia stata la misura alternativa al carcere, se la guardia giurata si trovi agli arresti domiciliari oppure abbia ricevuto l’obbligo di dimora e di firma. Quello di lunedì 4 aprile era stato un autentico pomeriggio di fuoco nella Bassa Bresciana. Poco dopo le 15 Mauro Pelella, 34 anni, guardia giurata dell’agenzia portavalori Fidelitas, si trovava con un collega a bordo di un furgone che aveva appena depositato il suo carico alla Ubi Banca. Era stato allora che tre uomini erano usciti correndo dall’agenzia della Cassa Rurale e Artigiana di Borgo San Giacomo, a un centinaio di metri di distanza.

Pelella li aveva rincorsi sparando contro la Bravo nera sulla quale i due rapinatori tentavano di prendere il largo. I colpi avevano freddato Otello Astolfi, 62 anni, torinese, rapinatore di lungo corso, e Ivan Alpignano, 37 anni, di Caselle Torinese. Il terzo uomo, Dario Delle Grottaglie, 30 anni, di Ciriè (Torino), era stato intercettato poco dopo dai carabinieri.

 

L'ordinanza di custodia cautelare del gip Ambrosoli motivava in sette pagine la decisione di trattenere in carcere Pelella, fermato la mattina dopo, poco prima che la moglie desse alla luce una bambina. Due le motivazioni: la gravità dell’accaduto e il pericolo di reiterazione del reato da parte di una persona che aveva dimostrato la sua incapacità di autocontrollo.

Il gip non aveva creduto al racconto della guardia giurata. Mauro Pelella non aveva sparato per difendersi, non aveva mirato verso in basso ma contro la Bravo dei rapinatori.  Veniva contraddetto dai testimoni quando dichiarava di avere rischiato di essere travolto dall’auto in retromarcia. Pelellla, scriveva il gip, «ha almeno inizialmente inteso intervenire per impedire che una rapina venisse portata a definitivo compimento o comunque per assicurare alla giustizia gli autori del delitto». Ma il fatto che avesse esploso tutti i quindici colpi del caricatore della sua Beretta calibro 9 bifilare era «dipeso da lucida determinazione a castigare comunque i colpevoli oppure da clamorosa incapacità di autocontrollo». Quel pomeriggio, dunque, Mauro Pelella aveva sparato per uccidere.