Brescia, 7 ottobre 2010 - Quei mesi estivi devono essere pagati. È la sezione lavoro della Corte d’appello di Brescia a stabilirlo, in una causa che vede contrapposti un’insegnante e il Ministero della Pubblica istruzione. «E’ una sentenza che può far storia — commenta l’avvocato Paolo Lombardi, legale dell’insegnante —. Per la prima volta vengono stabiliti dei principi importanti». Il ministero dovrà risarcire l’insegnante con 13 mila euro, più interessi. Ora evidentemente si tratta d’attendere la sentenza della Cassazione. Ma le motivazioni di quella d’appello appaiono piuttosto chiare. Parlando del «caso di specie», i magistrati scrivono: «È assolutamente pacifico che il ricorso alla contrattazione a tempo determinato reiterata è il risultato di una scelta programmatica dell’Amministrazione. Il Ministero, infatti, formula ogni anno delle scelte relative al numero di immissioni in ruolo da effettuare e, sulla base del dato relativo all’organico di diritto, stabilisce quale parte di tale organico deve essere coperto con personale di ruolo e quale parte vada invece coperta con contratti a tempo determinato mediante utilizzo delle graduatorie provinciali permanenti».

 

E nel passaggio successivo si precisa che «tale facoltà non è di per sè censurabilea a meno che il ministero — come sostiene l’insegnante — pur essendo consapevole d’avere l’esigenza di coprire una determinata quantità di posti di lavoro più o meno costante nel corso degli anni, si sia riservata la facoltà di coprire con contratti a tempo determinato una quantità notevole di tali posti di lavoro».
L’insegnante ha quindi provato che lo schema del ministero nell’organizzazione del personale della scuola in cui insegnava, si ripeteva anno dopo anno. In soldoni questo significava un risparmio, per il dicastero, derivante dal mancato pagamento di stipendi estivi a insegnanti che, di fatto, rientravano in una pianta organica. Il conto, dalla corte d’appello di Brescia, è stato quantificato in 13 mila euro, più interessi. L’insegnante non ha invece ottenuto l’assunzione a tempo indeterminato.

 

La corte ha infatti stabilito che «la conseguenza di tale illegittimo ricorso alla contrattazione a tempo indeterminato non può essere la conversione dei rapporti bensì l’applicazione della sanzione prevista, costituita dal risarcimento del danno». Ora però bisognerà capire quanti altri precari riterranno di chiedere al datore di lavoro-ministero il pagamento dei mesi estivi. Il conto potrebbe rivelarsi molto salato alla luce dei moltissimi insegnanti che da decenni lavorano in Italia in regime di precariato.