Brescia, 17 luglio 2010 - «Scusi forse è meglio se non incontra il suo assistito, ha la scabbia». Se l’è sentito dire l’avvocato mentre, con un collega, attendeva in carcere il detenuto che sta assistendo in una vicenda di tentato omicidio. Il carcere è quello di Canton Mombello e a quanto pare il detenuto in questione non è l’unico ad avere questo problema. «Ci è stato spiegato — racconta l’avvocato Paolo Sandrini, ieri in carcere con il collega Stefano Forzani — che hanno contratto la scabbia alcuni detenuti, pare almeno 6, e che sarebbero nella stessa cella. L’auspicio è che siano stati messi insieme dopo l’accertamento della patologia. Noi dovevamo farci consegnare dei documenti dal nostro assistito. Sono stati gli agenti di polizia penitenziaria a consegnarci le carte. Li hanno prelevati con dei guanti e ce li hanno dati».

Ora per il legale la questione rappresenta il presupposto per una possibile iniziativa legale. «Dobbiamo necessariamente — conclude Sandrini — prendere in considerazione la richiesta di una scarcerazione. Questo sempre che non venga debellata la malattia». Il legale ha anche detto d’aver contattato i familiari del detenuto, un immigrato albanese. A nessuno di loro risultano ricordi di sintomi come quelli della scabbia, da parte del loro congiunto. Una nuova grana quindi per uno degli istituti di reclusione italiani troppo spesso alla ribalta delle cronache. Canton Mombello coincide con il concetto di sovraffollamento e di carenza d’organico. La necessità di un nuovo istituto di pena a Brescia, con condizioni di vita che si allontanino dalle attuali per i detenuti, e di lavoro per la polizia penitenziaria, è al centro del dibattito politico.

Nella seduta del consiglio comunale tenutasi a Palazzo Loggia nei giorni scorsi, la situazione del carcere è stata portata all’attenzione dell’amministrazione dalle minoranze di centrosinistra. Casi d’emergenze sanitarie non si ricordano a Canton Mombello. Il problema è che la scabbia è piuttosto contagiosa e che quindi la profilassi va attuata con una certa cura. Anche perché, da un punto di vista delle garanzie del detenuto, non è agevole studiare una linea difensiva senza poter parlare con il proprio assistito.