Brescia, 13 luglio 2010 - Nel rimorchio i rifiuti diventavano grano. Non è stato risolto il problema della fame nel mondo, è semplicemente un’attività illecita dai risvolti inquietanti. L’hanno scoperta i Nas di Brescia che, coordinati dalla Procura di Padova, hanno denunciato 22 persone. Camion carichi di rifiuti tossico-nocivi all’andata e di mais al ritorno. Arrivo al Nord, scarico dei rifiuti, una sciacquata e via per fare il pieno di mais e, ciò che più conta, non tornare con il rimorchio vuoto, il terrore di ogni azienda di trasporti su gomma. In questa vicenda uno degli aspetti più gravi è però rappresentato dal fatto che il viaggio di ritorno, a vuoto, era già pagato dallo Stato. I camion partivano da Acerra, nel napoletano, con i rifiuti particolarmente pericolosi. Tutto regolare, tutto secondo quanto stabilito dalla normativa.

 

La ditta finita nei guai s’era aggiudicata l’appalto e, da questo punto di vista, svolgeva il lavoro secondo quanto previsto dalla legge. I veicoli raggiungevano Borgosatollo, comune alle porte di Brescia e lì lasciavano i rifiuti che venivano regolarmente smaltiti. A questo punto scattava la prima parte della fase illegale: il lavaggio. Per legge, deve avvenire in strutture particolarmente attrezzate, anche solo per lo smaltimento dei liquidi utilizzati. Inoltre, anche in questo caso, i veicoli possono essere impiegati solo per il trasporto dei rifiuti. I camionisti finiti nell’inchiesta risolvevano tutto con una pulizia sommaria a un autolavaggio bresciano.
Poi ripartivano, ma non per il Sud. I camion raggiungevano le aziende agricole e lì caricavano cereali. Prima c’era stata la trasformazione del veicolo, con la rimozione delle targhe relative al contenuto legale e ufficiale.

 

Una volta fatto il pieno di mais o altri cereali, rotta verso il Sud e consegna alle aziende. In questo momento sono completamente estranee all’inchiesta l’azienda bresciana che smaltisce i rifiuti campani, i produttori di mais, mentre è al vaglio degli investigatori la posizione di chi comprava il prodotto destinato all’alimentazione animale. «Per ora — ha spiegato Giuseppe Scaletta — non sono emersi utilizzi diversi da quello animale per il grano risultato inquinato. Ma stiamo svolgendo accertamenti. E, comunque, si tratta di animali destinati alla macellazione e quindi alle tavole degli italiani».