Primi patteggiamenti per la “banda del botto” che seminò il terrore

Sette gli arrestati, autori di una quindicina di colpi. Base nell'ovest bresciano, da lì partivano anche verso Bergamo e Cremona per i loro colpi ai bancomat di Beatrice Raspa

Una delle incursioni a un bancomat di Carpiano del Colle

Una delle incursioni a un bancomat di Carpiano del Colle

Brescia, 20 aprile 2015 - È già finita in tribunale la «banda del botto», la gang albanese-romeno-italiana specializzata in assalti seriali ai bancomat e in furti in villa, a caccia di Rolex e cassaforti, lo scorso autunno sgominata dai carabinieri del Nucleo investigativo provinciale che avevano arrestato sette persone (dodici in tutto gli indagati, due italiani, gli altri originari dell’Albania e della Romania). Nei giorni scorsi ci sono stati i primi patteggiamenti, con applicazioni concordate di pene pesanti, dai tre ai quattro anni e mezzo di carcere per otto imputati – nel gruppo anche il presunto boss, Julian Tarauku, albanese di 33 anni – mentre in quattro hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati con rito abbreviato, e nel caso specifico il processo avrà luogo il 2 luglio. In tre, tra coloro che hanno già patteggiato, torneranno però davanti al giudice il 28 maggio per rispondere in direttissima del reato di possesso ingiustificato di armi da guerra, imputazione non riconosciuta in continuazione con le altre. Coordinata dal sostituto Ambrogio Cassiani, l’operazione «Prelievo» era sfociata nell’esecuzione di sette arresti per associazione a delinquere, ricettazione, danneggiamento, nonché illecita fabbricazione, detenzione e trasporto di materiale esplodente e di armi da guerra. Dopo mesi di esplosioni notturne di bancomat, i carabinieri per settimane avevano monitorato notte e giorno i 21 caselli autostradali in provincia di Brescia. La paziente osservazione del territorio aveva dato buoni frutti e permesso di localizzare la banda in questione. A fare scattare le manette era stata l’intuizione che la gang tenuta d’occhio stava per compiere un salto di qualità.

Dalle indagini era emerso che il gruppo stava progettando l’imminente rapimento di un imprenditore di Brandico, in modo da monetizzare un lauto riscatto, e forse pure un assalto milionario a un portavalori. In due garage a Cologne e Ospitaletto – covi del commando – non a caso c’era un arsenale inquietante, con un kalashnikov e 600 proiettili, una pistola Smith&Wesson magnum 44 e una calibro 6x35. Non solo. I “professionisti del crimine” - così li aveva definiti il gip Paolo Mainardi nella sua ordinanza di custodia cautelare in carcere – disponevano di ricetrasmittenti per evitare di essere intercettati, bombole di ossigeno e acetilene, arnesi da scasso e per disinnescare gli allarmi, cappelli e parti di divise di polizia e carabinieri, schede telefoniche intestate a stranieri inesistenti e tre auto rubate. Il gruppo di giovani – tutti tra i 20 e i 30 anni, a eccezione di un 57enne italiano – faceva base nell’Ovest bresciano e da qui compiva razzie in serie. Per gli inquirenti alla banda sono riconducibili quindici colpi - tentati e riusciti – messi a segno tra marzo e settembre 2014 agli sportelli bancomat di altrettante banche tra Brescia, Bergamo e Cremona, cinque attribuiti con certezza. Porterebbero la stessa firma pure tre razzie in appartamenti in città, Ospitaletto e Castelmella, con furto di cassaforte.