Processo Bossetti, le lacrime della moglie di ferro Marita: "Gli credo ancora di più"

Abbraccia il marito: è innocente. Un bacio prima della sentenza

La moglie di Bossetti fuori dal Tribunale (Ansa)

La moglie di Bossetti fuori dal Tribunale (Ansa)

Bergamo, 2 luglio 2016 - Dopo la lettura della sentenza di condanna ha inseguito il marito mentre gli agenti lo trasferivano fuori dall’aula. Lo ha abbracciato e insieme hanno pianto. In mattinata c’era stato il tempo anche per un rapido bacio prima che i giudici entrassero in camera di consiglio e ne uscissero con il verdetto più pesante possibile: ergastolo per Massimo BossettiMarita Comi non è mancata a nessuna delle ultime udienze, quelle in cui hanno tenuto banco le arringhe difensive. La moglie del muratore si presenta anche in quella del giudizio, chiusa in un completo jeans, il viso ancora più affilato. Ascolta la voce della presidente Antonella Bertoja pronunciare la sentenza. Scambia una frase con i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, chiede una rapida spiegazione. La sua reazione è calma, controllata: «Credo nell’innocenza di Massimo e continuerò a crederci». È il leitmotiv di sempre, il suo mantra: «La mia fiducia in Massimo è più forte che mai. Ho avuto dei dubbi, umanamente, non lo nego. Anche perché avevo davanti tutte le sicurezze assolute dell’accusa, come quella per i passaggi del furgone. Per questo ho voluto fargli delle domande precise. Non ho voluto fare soltanto un atto di fede nell’uomo con cui ho condiviso una vita. Mi sono posta dei dubbi anche a tutela dei miei figli. Gli ho parlato guardandolo negli occhi. E gli ho creduto. Gli credo ancora».

Anche per lei una lunga giornata, con l’assedio mobile di fotografi e televisioni a ogni spostamento, accompagnata dai difensori e dal consulente Ezio Denti. In aula, seduta due file dietro, non stacca gli occhi dal marito, impegnato nell’appello finale, in attesa che si volti dalla parte del pubblico. Accade una sola volta, quando Bossetti esclama: «Ma non sono un assassino». Lo ribadisce guardando il pubblico: «Non sono un assassino, sia ben chiaro». È allora che gli sguardi dei coniugi s’incrociano e la donna accenna un sorriso. Anche per Marita Comi è venuto il momento del finale di partita, il più drammatico. Trascorre le ore dell’attesa nell’abitazione di Salvagni, ci sono quasi tutti i consulenti della difesa, i collaboratori di studio. Un pranzo freddo in giardino. Qualche parola, il pensiero che torna sempre lì. «Sono fiduciosa – dice Marita – e vedo tutti fiduciosi».

Ancora un volta va in scena il gineceo di casa Bossetti. Ester Arzuffi, la madre dell’imputato, è rimasta nell’abitazione a Terno d’Isola, fedele alla scelta del basso profilo. Laura Letizia, la sorella gemella, è presente, non ha perduto una sola udienza, circondata dalla pattuglia dei supporter del fratello, pronti a giurare fino all’ultimo sull’innocenza del muratore di Mapello. Amici e amiche, un imprenditore piemontese ha trascorso la notte in un bed&breakfast per assicurarsi un posto in aula, altri si sono messi in fila alle cinque del mattino e si sono autodisciplinati per l’ingresso confezionando dei bigliettini numerati. Prima che iniziasse l’udienza i difensori hanno catechizzato i più irriducibili: niente schiamazzi alla lettura della sentenza.

L’apparizione di Marita fa da catalizzatore. È il suo ruolo, ormai, in quella specie di gioco delle parti che si è instaurato. La moglie di ferro che nella linda casa di Mapello comandava, gestiva le fatture, s’inalberava se il marito era troppo accomodante nel riscuotere i pagamenti. Dopo ogni baruffa il suo duro silenzio era la punizione per il ‘Massi’, che andava a cercare conforto dalla mamma. Quando era arrivato il turno di testimoniare, mentre la suocera sceglieva il silenzio, Marita Comi aveva voluto rispondere. Lo sforzo di mostrarsi la moglie di ferro, quella che con il marito condivideva tutto, anche le pratiche più segrete. Furibonda per le lettere platonicamente focose che Massimo aveva indirizzato a un’altra detenuta, lo aveva punito negandogli per due settimane le sue visite in carcere. Salvo poi ricomparire. A metterci la faccia. Una volta di più. Per l’ultima rappresentazione nel suo scomodo ruolo.