Quattro anni senza Yara e i genitori ancora si chiedono chi ha ucciso la loro bimba

"L’attenzione dei genitori è cambiata visto che c’è un indagato. Se prima c’era o poteva esserci, ogni tanto, un momento di sconforto, vista l’enorme massa di indagini che sembrava non portare a una soluzione, ora questo timore è svanito" di Gabriele Moroni

La piccola Yara Gambirasio

La piccola Yara Gambirasio

Brembate Sopra, 27 novembre 2014 - Sono le sette e mezzo del mattino quando mamma Maura arresta la Renault Scenic davanti al cimitero di Brembate di Sopra. Una sosta di dieci minuti, il tempo per un saluto alla sua bambina prima di accompagnare a scuola Natan, il figlio più piccolo. Ieri erano quattro anni. Quattro anni da quel 26 novembre del 2010, quando Yara Gambirasio, 13 anni, piccola speranza della ginnastica ritmica, parve dissolversi subito dopo essere uscita dal centro sportivo di Brembate. Tre mesi dopo, il ritrovamento del corpo, in un campo a Chignolo d’Isola. Quattro anni senza Yara. Il primo con un indagato in carcere, accusato dell’omicidio, il muratore Massimo Giuseppe Bossetti, gravato dal macigno del suo dna ritrovato sugli indumenti di Yara. Maura e Fulvio Gambirasio non hanno mai modificato il loro atteggiamento pacato, di dignità dolorosa, priva di rabbia. «Sono povera gente anche loro», hanno della famiglia dell’arrestato parlando con un amico. «Vogliono - conferma Enrico Pelillo, legale dei Gambirasio - conoscere la verità. Vogliono il colpevole, non un colpevole».  «Da giugno – dice Giorgio Portera, genetista forense, consulente della famiglia – l’attenzione dei genitori è cambiata visto che c’è un indagato. Se prima c’era o poteva esserci, ogni tanto, un momento di sconforto, vista l’enorme massa di indagini che sembrava non portare a una soluzione, ora questo timore è svanito. Oggi, dopo l’enorme lavoro svolto principalmente dalla Procura di Bergamo, si è potuto dare un nome a Ignoto 1. Da giugno a oggi vi è da parte nostra, ed è un sentimento che la famiglia condivide, una grande attenzione per conoscere le modalità con cui l’unico indagato è coinvolto nella vicenda».  Il quadro indiziario è sufficiente?  «Come parte offesa non siamo a conoscenza di tutti i dettagli del fascicolo, soprattutto di quello nuovo, aperto da giugno, da quando c’è un indagato. La nostra conoscenza si basa sul riscontro del Dna, ossia della compatibilità dell’indagato con l’ex Ignoto 1. È ovviamente questa la prova più forte, immagino che lo sia ancora. Il riscontro del dna ci indica la presenza dell’indagato sui vestiti della piccola Yara».  Massimo Bossetti

Non è finita. Ultimamente sono state avanzate ricostruzioni e ipotesi nuove su vari aspetti: modalità delle ferite, tipologia dell’arma, morte della vittima. «Penso - risponde Portera - che sia lecito e giusto trovare ipotesi alternative in modo che possano essere vagliate per poi escluderle o intraprendere una pista alternativa. Verificare ipotesi alternative può aprire nuove strade o confermare la prima strada imboccata. L’importante, però, è che valutazioni e ipotesi vengano supportate da veri dati scientifici. Il caso di Yara è testimone di una indagine tecnico-scientifica molto accurata e particolareggiata, i cui dati devono essere sfruttati da professionisti con competenze specifiche». Ci sono due rose bianche sulla tomba di Yara Gambirasio.

gabriele.moroni@ilgiorno.net