Yara, Bossetti resta in carcere: "Potrebbe uccidere ancora"

l pericolo di reiterazione del reato è una delle motivazioni su cui il gip di Bergamo ha poggiato l’ordinanza con cui ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dai difensori del muratore di Mapello di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

di Gabriele Moroni

Bergamo, 16 settembre 2014 - Massimo Giuseppe Bossetti «potrebbe ripetersi». Se tornasse libero, l’uomo in carcere per la morte di Yara Gambirasio potrebbe macchiarsi di un altro efferato omicidio. Il pericolo di reiterazione del reato è una delle motivazioni su cui il gip di Bergamo, Vincenza Maccora, ha poggiato l’ordinanza con cui ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dai difensori del muratore di Mapello. L’altro punto è che sussistono in pieno i «gravi indizi di colpevolezza». Rimangono inalterati anche dopo la loro «rilettura critica» fatta dai difensori Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti. 

Secondo il gip i legali di Bossetti non hanno prodotto indagini difensive in grado di mutare il segno dell’inchiesta. Il quadro accusatorio è intatto. In particolare, non è stata scalfita quella che era e rimane la prova regina contro Bossetti: il suo profilo genetico perfettamente compatibile con quello rimasto sugli slip e i leggings della ginnasta tredicenne di Brembate di Sopra. Una prova che rimane valida anche se è stata ricavata quando il corpo di Yara giaceva da tre mesi in un campo a Chignolo d’Isola. 

Di più. L’indagato, annota il gip, ha fornito «dichiarazioni incoerenti» nel ricostruire i suoi spostamenti nel pomeriggio del 26 novembre del 2010, quando la ragazzina scomparve all’uscita dal centro sportivo di Brembate. In un primo tempo aveva dichiarato di essere stato al lavoro in un cantiere a Palazzago e di avere notato, al ritorno, le paraboliche delle televisioni davanti alla palestra (quando queste erano comparse solo giorni dopo). Interrogato il 6 agosto dal pm Letizia Ruggeri, aveva parlato invece di vari spostamenti legati a impegni personali. Per il gip quest’ultimo è un elemento nuovo contro Bossetti.

In sei pagine il gip riconferma la sua ordinanza di custodia cautelare di giugno. La piccola Gambirasio venne colpita con pugni o corpi contundenti al capo, ferita più volte con uno strumento da taglio e uno da punta e taglio, «abbandonata agonizzante in un campo isolato», fino alla morte. Un’azione di «efferata violenza» compiuta su «una giovane e inerme adolescente» da parte di un adulto connotato dalla «mancanza di freni inibitori». Un uomo che per questo potrebbe reiterare il suo reato.

La difesa chiedeva la revoca dell’ordinanza di custodia o gli arresti domiciliari. Si erano opposti sia la Procura sia i legali della famiglia Gambirasio, parte offesa.