Yara: gossip, contraddizioni e segreti. L’enigma della famiglia Bossetti

La moglie Marita: "Non ho mai avuto amanti". Bossetti: "Impossibile, sento il suo amore" di Gabriele Moroni

Massimo Bossetti (Olycom)

Massimo Bossetti (Olycom)

di Gabriele Moroni

Bergamo, 21 agosto 2014 - «Non ho mai avuto amanti», fa dire Marita Comi dai difensori del marito. E Massimo Bossetti è stato perentorio quando ha risposto al pm Letizia Ruggeri: «Impossibile. Sento il suo amore, ho piena fiducia e rispetto per lei». La famiglia, le famiglie dei misteri. Il dramma di Yara Gambirasio si mescola a storie e storiacce di tradimenti mai confessati. Da una parte il campo di sterpaglie dove una ragazzina di 13 anni muore, dall’altra lo svolazzare delle lenzuola di amori furtivi. Fino alla pennellata di questi giorni: due uomini che dopo essere stati rintracciati raccontano di avere avuto una storia con Marita, uno nel 2009, l’altro in tempi più recenti. Uomini sposati, sussurrano incontrollabili rumors, e allora altre due famiglie rischierebbero di finire nel tritacarne giudiziario-mediatico. Menzogne. Segreti. Il primo è quello che Ester Arzuffi ha custodito per quasi 44 anni, fino a quando la genetica non ha svelato che suo figlio Massimo e la gemella Laura non erano figli del marito Giovanni Bossetti, ma il frutto della relazione clandestina con l’autista Giuseppe Guerinoni. I segreti della coppia Bossetti-Comi. Gli inquirenti hanno virato sul privato, sulla quotidianità che si viveva nella linda casetta alla Piana di Mapello. Nell’ultima perquisizione, prima che fossero tolti i sigilli, sono stati sequestrati un dvd con le immagini del matrimonio, una foto di famiglia, un messaggio scritto da Marita al «Massi» per San Valentino. Un ingresso a piedi uniti nella intimità coniugale. In quella casa si viveva in un’atmosfera da Mulino bianco? Nulla turbava la serenità domestica, quella del capofamiglia in particolare? 

È stato chiesto per primo a Bossetti. È stato chiesto alla suocera Adelina Bolis. Lo si sarebbe voluto chiedere anche a Marita, se non avesse scelto il silenzio. Parole e silenzi di Marita paiono a volte comporsi nel segno della contraddizione. Ascoltata il 23 giugno, nella caserma dei carabinieri di Ponte San Pietro, sulla sera del 26 novembre 2010, quando Yara si smaterializzò, la moglie del carpentiere aveva risposto che in quel periodo il marito lasciava il lavoro nel cantiere di Palazzago attorno alle 17-17.30. Non aveva aggiunto altro. Nel lungo memoriale pubblicato sul settimanale «Gente» Marita descrive il consorte come un uomo assolutamente abitudinario, che di rado rimaneva fuori casa dopo le 19. Se la regola aurea fosse stata infranta proprio in quella serata novembrina, Marita ne avrebbe conservato memoria. C’è un altro punto ancora più importante. Nello stesso interrogatorio, consigliata dall’avvocato, Marita si era avvalsa della facoltà di non rispondere alla domanda sui due computer sequestrati. Al contrario, nel memoriale parla senza remore di sé come della «navigatrice» di famiglia, molto più del marito. Era stata lei a volere il computer e ad aprire la pagina Facebok usando il nome di Massimo. Sul computer pare abbiano insistito a lungo gli inquirenti anche nell’ultimo interrogatorio di Bossetti. Oltre alle notizie sul caso Yara, sarebbero state trovate pagine difficili da attribuire alla navigazione di Marita, su questioni che qualcuno ha definito «intimissime». Nel carcere di Bergamo, gravato da un’accusa terribile, Massimo Giuseppe Bossetti non dà testate contro i muri della cella dove vive in isolamento da 66 giorni. Difende la sua innocenza senza gridarla. Suggerisce ai suoi legali argomenti difensivi. Senza disperazione. Con una calma che arriva a essere enigmatica. L’enigma Bossetti.