Mercoledì 24 Aprile 2024

Crespi d'Adda: il villaggio del lavoro ideale rischia la patente Unesco. Ci prova il gruppo Percassi

Il modello «Crespi» deve tornare entro il 2015 di Barbara Calderola

Villaggio operaio di Crespi d'Adda

Villaggio operaio di Crespi d'Adda

Capriate San Gervasio (Bergamo), 4 dicembre 2014 - Crespi d'Adda, il villaggio operaio più famoso d’Europa, rischia la patente Unesco. Colpa dell’indolenza delle amministrazioni comunali che si sono avvicendate dal lontano 5 dicembre 1995, quando l’agognato “bollino” venne concesso alla città ideale del lavoro, un sito vivo, uno dei pochi, fra i gioielli dell’umanità. Capriate, ingranata la quarta, sotto la spinta del nuovo sindaco Valeria Radaelli, sta correndo, per non perdere quel primato che ha fatto brillare il piccolo centro dell’Isola bergamasca nel panorama mondiale dei tesori d’arte e di natura, con l’Italia in pole position. Un’occasione unica anche in vista di Expo. Ma senza benzina, la macchina del rilancio – guidata dal CrespiForum del Comune - non si sarebbe mai rimessa in moto. A fare il pieno è stato Antonio Percassi, titolare dell’omonimo gruppo con 5mila dipendenti nel mondo e presidente dell’Atalanta, che si è lasciato contagiare da un sogno. “Una visione”, che affonda le radici nella stessa sostanza, a ben guardare, di quella dei fondatori, i Crespi. Benigno e Silvio, capitani di industria milanesi, con il bernoccolo della filantropia. E’ nato così il villaggio operaio. Perché manovali e dirigenti ottocenteschi vivessero in un’oasi felice. Con asilo, case e tutti i servizi, studiati per il benessere. Nella certezza che il “genius loci” sarebbe stato l’humus di una comunità autonoma. Di più, nell’intento del suo mentore, “un gruppo ideale”, in moto perpetuo attorno alla fabbrica.

Un giagante con ciminiera che svetta, ancora perfetta, e che custodisce negli anfratti dei suoi 90mila metri, i telai che hanno scritto pagine irripetibili del tessile lombardo e italiano. Percassi ha fatto propria la tesi che il Parco Adda Nord, il gigante verdeVillaggio operaio di Crespi d'Adda guidato da Agostino Agostinelli, è andato ripetendo in tutti questi anni di stallo. “Solo il lavoro salverà Crespi”. E il re della Kiko e di tante start-up di successo, l’ha preso in parola. Così anziché scegliere Milano, Roma, Firenze o il mondo per fare il quartier generale della sua holding, ha deciso di puntare sul Villaggio. L’anno scorso ha acquistato la fabbrica, tramite Odissea, una delle società della galassia di cui tira le fila, accettando la sfida di una corsa contro il tempo, quasi impossibile. Traslocare entro l’Esposizione Universale 2015. Fare del vecchia tessitura “extra large”, un’altra volta, un’altra utopia. Investimento milionario, difficoltà a non finire, della quali si occupa la Fondazione di famiglia, nata nel 2013. Dentro, il modello sarà lo stesso di un tempo. Quello vincente. Servizi, assenza di conflitti, convivialità.

Uno scorcio di Crespi D'AddaGrazie alla conversione al terziario e al polo culturale con tanto di museo che qui vedranno la luce. Il 75% dei dipendenti dell’ingegner Percassi è donna, come le tessitrici che per 130 anni hanno portato nel mondo il Made in Italy targato Crespi, e dunque ci sarà ancora il nido, ad esempio, a servizio degli uffici. Esattamente come un secolo fa. Il timer dell’Unesco però è già scattato. Come in un thriller, non si può fermare il conto alla rovescia. Il rigido protocollo per brillare nel firmamento mondiale prevede che a 20 anni dalla concessione, «l’organismo Onu valuti se il sito elevato a rango di patrimonio dell’umanità abbia fatto promozione all’altezza del blasone. Se il gioiello sia stato valorizzato sul serio» ricorda Agostinelli, memoria storica della vicenda. Quando la risposta è no, piove la revoca, senza appello. Dopo lo sprint, al traguardo saranno in due: Percassi e il sindaco Radaelli. Con una differenza dalle Olimpiadi. Loro corrono a braccetto.