Ragazze rapite in Siria, dopo la quinta esecuzione cresce l'ansia

I genitori delle due ragazze continuano a mantenere il riserbo. Il Governo è sempre al lavoro, con i rapitori sarebbero in corso una serie di contatti per arrivare alla liberazione di R.V.

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Ansa)

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Ansa)

Bergamo, 1 ottobre 2014 - Non una parola, non un’indicazione, né dalla Farnesina né dalla famiglia. Ma inevitabilmente dopo la quinta esecuzione di un occidentale da parte degli jihadisti dell’Isis l’angoscia sale a Gavirate e a Brembate, le comunità di Greta Ramelli, 20 anni, e dell’amica di Vanessa Marzullo, 21 anniLa cortina fumogena di protezione voluta in questi mesi dalla Farnesina per non ostacolare il lavoro dei nostri diplomatici impegnati nel rilascio delle due cooperanti rapite in Siria alla fine di luglio resta più che mai fitta. Così nemmeno l’ennesima prova dell’instabilità della regione è in grado di scalfirla. I genitori della 20enne studentessa di Scienze infermieristiche preferiscono restare in silenzio nella propria abitazione di Gavirate, dopo che nelle scorse settimane il padre era intervenuto in due occasioni per ringraziare chi si stava prodigando per la liberazione della figlia e dopo che la mamma Antonella sul proprio profilo Facebook aveva pubblicato una foto che ritrae Vanessa sorridente, commentando «Mi piace pensare che sia felice così malgrado tutto...». Silenzio anche da parte dei cooperanti del progetto «Horryaty» («la mia libertà» in arabo), in funzione del quale le due ragazze hanno raggiunto il Medio Oriente. 

Se il paese resta con il fiato sospeso, e se dalla Farnesina non trapelano ulteriori notizie, si resta alle indiscrezioni delle scorse setttimane. L’ultima, in ordine di tempo, quella pubblicata il 20 settembre dal quotidiano libanese vicino al movimento sciita filo-iraniano Hezbollah, alleato del regime di Damasco, al Akhbar, secondo cui Greta e Vanessa sarebbero state rapite e poi vendute da un gruppo armato a un altro senza però essere finite in mano ai jihadisti dello Stato islamico. Ipotesi che era stata invece paventata dall’intellettuale siriano 74enne Michel Kilo, che a settembre aveva avanzato l’ipotesi che le due cooperanti potessero essere nelle mani dei militanti dell’Isis detenute nella città siriana di Raqqa. Da ambienti dell’intelligence sono però immediatamente arrivate rassicurazioni. E rassicurazionni erano arrivate anche dal direttore del Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza, Giampiero Massolo, a inizio settembre, nel corso di un’audizione del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Ascoltato per circa due ore aveva ribadito che per le due giovani cooperanti rapite in Siria sembrava confermato il fatto che non si trovino nelle mani di un gruppo legato all’Isis, ma anche che la situazione è in continua evoluzione.  La lunga attesa, quindi, sembra destinata a continuare. Sempre secondo indiscrezioni Greta e Vanessa si troverebbero a ovest di Aleppo, nel nord della Siria, sempre nella zona dove sono scomparse il 31 luglio scorso. Le due ragazze italiane sarebbero così tenute prigioniere da miliziani siriani della regione tra Aleppo e Idlib, poco lontano da Abizmu, località dove sono state avvistate l’ultima volta a fine luglio. Quel che è certo è che nei casi di connazionali sequestrati dai terroristi la linea dell’Italia è sempre stata quella di mantenere massimo riserbo e lavorare sottotraccia. Così è stato fatto in passato e così si sta continuando a fare per Greta, Vanessa, Paolo Dall’Oglio ma anche per Giovanni Lo Porto, il cooperante scomparso in Pakistan da due anni, Gianluca Salviato, l’impiegato sequestrato in Libia a marzo e Marco Vallisa, il tecnico rapito due mesi fa sempre in Libia.

di R.V.