Rapite in Siria, Greta e Vanessa non sono nelle mani dell'Isis

Greta Ramelli di Gavirate e Vanessa Marzullo di Brembate non sarebbero in mano agli jihadisti secondo quanto riportato dal direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Ansa)

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Ansa)

Gavirate, 13 settembre 2014 - Dopo il silenzio assoluto calato sul rapimento delle due volontarie rapite in Siria, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, da quando il sottosegretario agli Esteri, Mario Giro, il 22 agosto scorso aveva ribadito l’invito a «mantenere il massimo riserbo» sulla vicenda, è nuovamente da Roma, da un’audizione del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che arrivano nuove informazioni, comunque rassicuranti, sulla ragazza varesina e sull’amica bergamasca. Il direttore del Dis, il Dipartimento informazioni per la sicurezza, Giampiero Massolo, ascoltato per circa due ore in audizione dal Copasir, ha ribadito che per le due giovani cooperanti rapite in Siria sembrerebbe confermato il fatto che non si trovino nelle mani di un gruppo legato all’Isis, ma anche che la situazione è in continua evoluzione. La lunga attesa continua.

Come ribadito più volte dal Governo nelle scorse settimane, quindi, le due ragazze non sarebbe in mano agli jihadisti dell’Isis, che con l’espansione del Califfato e l’escalation terroristica nell’area, hanno notevolmente complicato la situazione nell’aera facendo risultare molto difficile ogni tipo di trattativa, tanto da suggerire massimo riserbo ai nostri diplomatici. Anche sul luogo della detenzione delle due ragazze non si sa nulla, se non le indiscrezioni, vaghe, trapelate nelle scorse settimane che le darebbero rinchiuse in un luogo non definito tra Siria e Turchia. 

La situazione legata al rapimento, però, resta in costante evoluzione e tutti, a Gavirate come a Brembate, il paese della Marzulllo, sperano che ciò possa significare una rapida soluzione positiva del rapimento, come era sembrato nelle scorse settimane quando la stampa araba aveva pubblicato la notizia dell’arresto di uno dei membri del gruppo che avrebbe rapito le due cooperanti, prelevandole all’inizio di agosto nella zona di Aleppo, dove stavano portando avanti il progetto di assistenza medica «Horryaty» da loro stesse fondato. Da allora l’Unità di crisi della Farnesina è costantemente al lavoro per riportare a casa le due ragazze: anche per questo dal ministero degli esteri si è chiesto il massimo riserbo sul rapimento così da non intralciare il lavoro dei diplomatici. Anche sul luogo della loro detenzione non si sa nulla, se non le indiscrezioni, vaghe, trapelate nelle scorse settimane che le darebbero rinchiuse in un luogo non definito tra Siria e Turchia.