Rapina in macchina dopo il prelievo al bancomat, incastrato dal Dna sulla sigaretta

Il rapinatore era salito sulla macchina della vittima con una siringa, ma è stata riconosciuta invece l'aggravante della minorata difesa e della circostanza M.A.

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Bergamo, 1 dicembre 2015 - Il 5 aprile scorso, a Pasqua, con una sigaretta in bocca era salito sull'auto della sua vittima, una donna di 59 anni a cui voleva rapinare 200 euro che aveva appena prelevato dal bancomat, l'aveva minacciata con una siringa e l'aveva colpita più volte sul volto, provocandole la rottura delle ossa nasali (21 giorni di prognosi). E il mozzicone di sigaretta, poi lasciato nella vettura, l'aveva incastrato, grazie al test del Dna. Così la polizia era riuscita ad arrestare O.T., 35 anni, accusandolo della rapina avvenuta in Borgo Palazzo. Ieri l'uomo è stato condannato in abbreviato (sconto di un terzo sulla pena finale) dal gup Ciro Iacomino a 3 anni e 8 mesi di reclusione per rapina aggravata e lesioni aggravate. Il giudice non ha ritenuto sussistente l'aggravante del possesso della siringa, in quanto questa era stata ritrovata in auto, ma la stessa donna aveva detto di non aver visto l'uomo che la impugnava. Sono state invece riconosciute le aggravanti della minorata difesa della vittima (era nell'abitacolo della vettura, senza possibilità di difendersi) e quella relativa alla circostanza che la donna aveva appena prelevato il denaro dal bancomat. Il codice di procedura penale, infatti, dice che costituisce un'aggravante il fatto di rapinare chi ha appena "fruito di un istituto di credito, di un ufficio postale e di un bancomat".