Facevano prostituire 20enni in casa, chiesto il giudizio per 5 romeni

Bergamo, preso il sesto componente della banda: era fuggito in Belgio di MICHELE ANDREUCCI

Sesso venduto tramite internet

Sesso venduto tramite internet

Bergamo, 25 maggio 2016 - È approdata davanti al gup Ciro Iacomino l’indagine sul giro di prostituzione sgominato nel luglio dell’anno scorso dalla squadra mobile di Bergamo. Il pm Gianluigi Dettori, titolare del fascicolo, ha chiuso l’inchiesta e ha chiesto il rinvio a giudizio dei cinque imputati, tutti di nazionalità romena: Eugen Konstantin, 43 anni, residente a Bergamo, considerato il capo dell’organizzazione; Ionut Sebastian Sasu, 25 anni; Constantin Berghiu, 29 anni; Ramona Konstantin, 37 anni e Ionut Costica Dumitrescu, 35 anni.

Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Per Sasu e Konstantin il pm aveva ipotizzato anche il reato di violenza sessuale (le ragazze dovevano prestarsi a rapporti sessuali con gli sfruttatori), ma il gip, all’epoca degli arresti, aveva ritenuto che si trattasse di rapporti consenzienti. Secondo quanto accertato, non si trattatava di prostituzione in strada, ma solo in appartamento: otto quelli messi a disposizione delle lucciole, una quindicina, tutte di età compresa tra i 20 e i 27 anni, che arrivavano dalla Romania consapevoli del “lavoro” che avrebbero dovuto svolgere e che, una volta giunte in Italia, venivano accompagnate negli alloggi di Bergamo (due in via Borgo Palazzo; due in via dei Bersaglieri; gli altri in via Tasso, San Bernardino, Berizzi e De Gasperi, presi in affitto regolarmente attraverso agenzie immobiliari ignare di tutto). Gli sfruttatori poi facevano fare un book fotografico alle giovani e aprivano un conto Postepay su cui c’erano 300 euro per pagare le inserzioni su due siti internet. Soldi che poi le ragazze restituivano lavorando. Quanto ai compensi, i romeni davano due possibilità: il pagamento di 1.700 euro fissi a settimana o la metà dei loro guadagni.

Le prostitute venivano controllate in modo che non potessero tenersi più soldi di quanto stabilito, attraverso finti clienti, inviati dagli sfruttatori per verificare le tariffe. Il giro d’affari era stato stimato in oltre 100mila euro al mese. Anche le indagini erano partite attraverso finti clienti, questa volta poliziotti: dopo aver contattato le ragazze, solo due avevano accettato di sporgere denuncia (ora sono in strutture protette), le altre avevano preferito continuare l’attività altrove. Gli agenti avevano intercettato per mesi i romeni che si parlavano in codice: «ragazzi allegri» erano gli agenti, «padrino» era il capo in Romania, «big brother» quello in Italia, «nipote» il tuttofare, mentre le prostitute venivano chiamate con nomi maschili. Tra i clienti persino il paziente di una casa di cura di Brescia che aveva pagato 400 euro per avere una ragazza in camera. L’udienza di ieri è stata rinviata a luglio, in quanto nei giorni scorsi il sesto elemento, un romeno, è stato arrestato in Belgio, dove era fuggito per evitare l’arresto. Il gup vuole consentirgli di affrontare il processo ricorrendo eventualmente a riti alternativi.