Caso Puppo, parla Bertola: «Voglio chiarire tutto»

Tensione in aula, allontanato il padre della vittima di Michele Andreucci

Roberto Puppo, ucciso in Brasile nel 2010

Roberto Puppo, ucciso in Brasile nel 2010

Bergamo, 24 gennaio 2015 - «Voglio chiarire tutto». Fabio Bertola si sistema sulla sedia dei testimoni, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja, e guarda dritto negli occhi il pm Carmen Pugliese.

Dopo varie udienze in cui sono sfilati numerosi testi dell’accusa, ieri è stato il giorno del 46enne architetto immobiliarista di Verdellino, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Roberto Puppo, l’operaio 42enne di Osio Sotto ucciso in Brasile nel 2010: all’inizio l’episodio era sembrato una rapina degenerata, invece il pm e i carabinieri di Bergamo avevano scoperto che la vittima era intestataria di cinque polizze “puro rischio morte” per 1 milione e 250mila euro e i beneficiari facevano parte dell’“entourage affaristico” di Bertola, alcuni amici e sua moglie.

Il 46enne, secondo le contestazioni, avrebbe commissionato il delitto per recuperare i 200mila euro persi con la società che gestiva un bar a Bergamo, l’Hemingway Cafè di via Borfuro. Camicia azzurrina, maglione blu e pantaloni scuri, Bertola - che si muove con l’aiuto di una stampella a causa delle sue precarie condizioni di salute - ha risposto con sicurezza alle domande che gli sono state poste dal pm Carmen Pugliese, ribattendo colpo su colpo alle accuse.

«È vero - ha ammesso - Roberto (Puppo, ndr) mi doveva una grossa somma di denaro, ma eravamo amici e sapevo che me li avrebbe ridati prima o poi. Prima di partire per il Brasile mi doveva una cifra che superava i 60mila euro, somma nata da prestiti e debiti legati ad affari fatti insieme durante gli anni». Il pm è poi passato ad affrontare la vicenda legata a Vanubia Soares Da Silva, la brasiliana con cui l’imputato aveva avuto una relazione e che, arrestata in Brasile, lo aveva chiamato in causa. «Mi aveva detto di trovare qualcuno per far spaventare l’italiano (Puppo, ndr)», la versione resa alla polizia e successivamente al pm Pugliese, volata in Brasile per interrogarla. La donna era stata denunciata da Bertola per diffamazione e da lì era nata l’inchiesta della Procura di Bergamo.

«Perché quando ha denunciato Vanubia non ha fatto cenno alle polizze?», ha chiesto il pm. «Ero frastornato - ha risposto l’imputato -. I giornali, poi, parlavano di un omicidio per rapina. Quindi non vedevo il nesso. Inoltre io non ero beneficiario, solo dopo ho saputo che ce n’era una con mia moglie come beneficiaria. Partendo per il Brasile Puppo voleva lasciare qualcosa di tangibile per confermare la sua reale intenzione di saldare il debito».

Secondo l’accusa, invece, Bertola sapeva tutto. E con Puppo già in Italia aveva iniziato a fare affari, ma convenienti solo per lui. Come quando gli aveva venduto un appartamento a Bonate Sopra. Secondo Bertola, non era una casa in cattive condizioni, «non era un bidone». «Puppo - ha spiegato - lo utilizzava per portarci le fidanzate. E non dico altro perché parliamo di una persona morta». È stato in quel momento che il padre della vittima, parte civile al processo, si è alzato urlando: «Basta, stai dicendo solo bugie. Tu quella casa non gliel’avevi mai fatta vedere prima di vendergliela». L’uomo, visibilmente scosso, è stato fatto allontanare dalla corte, mente Bertola replicava: «Stia qui, capirà tante cose».