Bergamo, 24 maggio 2016 - Una data non casuale: il 23 maggio, 24 anni dopo la strage che, a Capaci, in Sicilia, uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Un atto vile, firmato dalla mafia. Proprio nel segno di tale testimonianza, e come atto d’omaggio nel giorno dell’anniversario, ieri sera nel Palazzo della Provincia l’associazione Libera ha presentato il dossier su “Mafie e criminalità organizzata nella Bergamasca”. Un documento realizzato per la prima volta attraverso un attento esame di articoli di giornale, libri, atti d’inchieste giudiziarie e sentenze di tribunali che ricostruisce, attraverso 314 fatti, mezzo secolo di presenza mafiosa entro i confini del territorio orobico.
«Episodi – ha rimarcato Rocco Artifoni, del coordinamento provinciale di Libera, intervenuto insieme, fra gli altri, a Luca Bonzanni e Nicola Foresti, dell’Osservatorio sulle mafie in Bergamasca – avvenuti anche quando, da certi rappresentanti istituzionali, ci sentivamo dire che, dalle nostre parti, la “coppola” non c’era». E forse neppure la lupara era proprio di casa, ma l’abilità a sfruttare le zone d’ombra di certi ambienti finanziari, o le opportunità speculative offerte dagli appalti sulle grandi opere, non difettava. «Abbiamo censito oltre 300 episodi – hanno rilevato gli estensori del dossier – ma non può sfuggire che la media, negli ultimi anni, è cresciuta in maniera esponenziale. Per fortuna, in parallelo, anche l’allerta di chi agisce sul campo per contrastare tali fenomeni».
«Ammetto – aggiunge Artifoni – che alcune risultanze hanno sorpreso anche noi. Per questo voglio dire che il dossier non è un atto d’accusa; piuttosto intende diventare un richiamo alla responsabilità di ciascuno, a cominciare dalle istituzioni». Con un obiettivo dichiarato: «Come le mafie sono in grado di muoversi in maniera coordinata e sinergica, attraverso ramificazioni capillari ed efficienti, altrettanto deve fare l’antimafia. Gli esperti invitano a diventare “sentinelle del proprio territorio”. È un appello che riguarda la coscienza di ciascuno».
La relazione è aggiornata al 31 dicembre scorso: l’ultimo fatto, in ordine di tempo, risale al 17 precedente a Grumello del Monte quando, in via Roma, va a fuoco la sala slot “Cristal”. Per gli inquirenti l’incendio è doloso e il locale viene sequestrato. Ma ci sono anche situazioni più eclatanti: arresti che arrivano a lambire la questura, regolamenti di conti in strada, intrecci con le organizzazioni straniere, traffici illeciti di rifiuti che coinvolgono anche nuove infrastrutture come la BreBeMi. E poi 11 imprese escluse dai grandi appalti perché in odore di mafia fino al resoconto ufficiale, sempre a fine dello scorso anno, che parla di 30 beni già confiscati in Bergamasca e decine posti sotto sequestro in attesa delle sentenze dei processi. Il dossier è consultabile sul sito www.liberabg.it.