Italcementi, non ci saranno tagli

Sulla vendita ai tedeschi interrogazione parlamentare di Sel di Maurizio Nobili

Carlo Pesenti (De Pascale)

Carlo Pesenti (De Pascale)

Bergamo, 31 luglio 2015 - L'operazione Italcementi-Heidelberg, con la cessione del 45 per cento del gruppo bergamasco al colosso tedesco, non prevede sovrapposizioni da cui possano scaturire tagli e razionalizzazioni. Lo ha assicurato Carlo Pesenti, Ceo del gruppo bergamasco, rispondenso così alle preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali circa il destino dei 3.000 dipendenti italiani. Il controllo del gruppo in mani tedesche, dunque, non dovrebbe comportare problemi a livello occupazionale per gli stabilimenti italiani di Italcementi. Ma per chiarire i dettagli dell’operazione e ricevere garanzie sui oosti di lavoro i sindacati e i vertic dell’azienda si ritroveranno martedì prossimo a Roma, nella sede della Federazione italiana dei materiali di base per le costruzioni (Federmaco).

Sul fronte politico, intanto, c’è da segnalare che l’operazione conclusa dalla famiglia Pesenti ha provocato ieri l’intervento di Sel: il partito di Niki Vendola ha annunciato che presenterà una interpellanza in Parlamento «per chiedere al governo quali interventi possono essere resi fruibili per non disperdere il patrimonio di conoscenza tecnico-produttiva che il Gruppo Italcementi detiene».

Secondo Sinistra Ecologia e Libertà, «vedere la società Italcementi passare al gruppo tedesco HeidelbergCement rende macroscopico, come se ce ne fosse bisogno, il problema dell’assenza di politiche industriali nel nostro paese, di cui anche questo governo pare disinteressarsi completamente. Nessun passo è stato compiuto sulla vera riforma necessaria per l’Italia, quella della politica industriale. L’assenza strutturale e quotidiana del governo in materia è drammatica. Sempre più gruppi industriali, con la loro storia, le loro capacità specifiche, la professionalità dei loro lavoratori avranno un futuro che non sarà a gestione italiana. Senza scadere nel nazionalismo ad oltranza, si pone il drammatico problema se ci possiamo permettere un tessuto produttivo manifatturiero che ha i livelli decisionali fuori dai nostri confini».