L’imam gestiva la raccolta fondi. Milioni all’estero sviando i controlli

Trasferiti in Pakistan aggirando la dogana. Il clan veniva finanziato anche con i clandestini. Seimila euro a viaggio. L'ìimam predicava di solito a Zingonia ed è sospettato di aver organizzato l'esecuzione tramite taglio della gola di una coppia che avrebbe violato la legge coranica e che non fu mai più ritrovata di Rocco Sarubbi

L'arresto della guida spirituale Imam a Bergamo in un fermo immagine della polizia (Ansa)

L'arresto della guida spirituale Imam a Bergamo in un fermo immagine della polizia (Ansa)

Bergamo, 25 aprile 2015 - Era una figura di spicco dell’organizzazione terroristica affiliata ad Al Qaeda, un formatore coranico che operava tra Bergamo e Brescia. Forte del suo ruolo e della sua autorità, l’imam pakistano Muhammad Zulkifal Hafit, 43 anni, arrestato ieri all’alba nella sua abitazione di Pognano, nel Bergamasco, dagli agenti della Digos nell’ambito di una vasta operazione antiterrorismo, coordinata dalla procura di Cagliari, poteva godere di numerosi contatti sia in provincia di Bergamo che in quella di Brescia. E proprio grazie a questi contatti, secondo le accuse che gli vengono mosse, l’imam Hafit avrebbe raccolto fondi per finanziare terroristi legati ad Al Qaeda. In totale negli anni sarebbero stati raccolti 3 milioni di euro per le tre organizzazioni terroristiche. L’imam predicando nelle comunità pakistano-afgane radicate tra Bergamo e Brescia convinceva i fedeli più estremisti a effettuare donazioni per la causa. Al momento, comunque non si hanno notizie circa eventuali ‘donatori’ e finanziatori indagati.

I fondi racimolati venivano inviati in Pakistan mediante membri dell’organizzazione, spesso erano ‘corrieri’, che aggiravano i sistemi di controllo sull’esportazione doganale di denaro. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino, trasferimento che era stato effettuato omettendo di fare dichiarazione di possesso alle autorità doganali. Più di frequente però era utilizzato il sistema cosiddetto hawala: un meccanismo di trasferimento valutario occulto basato sul legame diffuso nelle comunità islamiche europee, che consente di trasferire una somma di denaro consegnandola a un terminale presente nello Stato estero, detto hawaladar.

Per questa sua attività l’imam aveva scelto come base la Bassa Bergamasca, tra Verdellino e Pognano, in un paese di circa 2mila anime dove si era trasferito da un anno e dove aveva radunato la sua famiglia composta da moglie e sei figli, tre dei quali nati in Italia, l’ultimo solo un anno fa. Viveva una vita di basso profilo, che gli permetteva di non farsi notare e di poter così agire con più libertà, lontano dalle attenzioni delle autorità locali. Il ruolo di Hafit, comunque, non si sarebbe limitato a quello di smeplice collettore di denaro. Da una serie di intercettazioni effettuate tra il febbraio e il maggio 2011 risulterebbe anche che l’imam avrebbe condannato a morte una coppia di connazionali che aveva violato la legge coranica, reclutando gli assassini, fatti venire dalla Francia, e sovrintendendo alla preparazione del delitto. «Abbiamo fatto una cosa santa per Dio e Dio ci ha protetti», dice in una intercettazione riferendosi all’omicidio della coppia, a cui fu tagliata la gola e i cui corpi non vennero mai trovati.

Attualmente disoccupato, dopo aver lavorato per un periodo come operaio, Hafit aveva acquistato a Pognano una villetta con giardino. Ed proprio qui che alle 6 di ieri mattina gli agenti della Digos lo hanno prelevato. Hafit predicava il corano nella moschea di Zingonia, zona ad altissima concentrazione di immigrati, e tutte le settimane recitava la preghiera del venerdì. Lo avrebbe fatto anche ieri, ma sono scattate le manette ai polsi. Un ulteriore fonte di finanziamento della cellula smantellata proveniva dai traffici legati all’immigrazione clandestina: secondo gli investigatori i guadagni si aggiravano tra i 6-7mila euro per ogni immigrato.