Processo Bossetti, i genitori di Yara rompono il silenzio: «Una prova dolorosa, ma ci saremo»

I genitori di Yara Gambirasio affidano al loro legale le poche parole che racchiudono il loro stato d’animo. L’avvocato è stato il primo a informare Maura Panarese e Fulvio che l’11 settembre saranno loro ad aprire le testimonianze di Gabriele Moroni

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo, 19 luglio 2015 - «Siamo pronti, anche se sarà una prova molto dolorosa. Non ci siamo mai sottratti». I genitori di Yara Gambirasio affidano al loro legale Enrico Pelillo (che li segue con il collega Andrea Pezzotta) le poche parole che racchiudono il loro stato d’animo di sempre. L’avvocato Pelillo è stato il primo a informare Maura Panarese e Fulvio che l’11 settembre, alla ripresa del processo in Assise a Massimo Bossetti, saranno loro ad aprire le testimonianze chieste dal pubblico ministero Letizia Ruggeri. 

Nella stessa udienza verranno ascoltati Keba, sorella maggiore di Yara, e la zia Nicla, sorella del padre. Con loro Martina Dolci, l’amica con cui Yara scambiò gli ultimi sms nella serata del 26 novembre 2010, le istruttrici di ginnastica Daniela Rossi e Silvia Brena, altre amiche della scuola e della palestra. Maura e Fulvio sono indicati indicati anche dai difensori dell’uomo accusato dell’omicidio della figlia. Anche Marita Comi, moglie di Bossetti, è un teste in comune. Ester Arzuffi, madre del muratore di Mapello, è citata solo dal pm. La difesa “chiama” il figlio maggiore del’imputato, un ragazzo quattordicenne.

Keba Gambirasio è parte civile con i genitori. Ha vent’anni. E’ istruttrice in quei corsi di base a cui stava assistendo, il 25 novembre del 2010, 24 ore prima che Yara sparisse. Aveva notato il cattivo funzionamento nel registratore, si era offerta di prestare il suo. Il giorno dopo Yara lo aveva portato nella palestra di via Locatelli. Ogni mattina Keba e la sorella tredicenne salivano sul pullman che le portava a Bergamo, la più grande all’istituto magistrale Secco Suardo, la tredicenne Yara alla scuola media delle Orsoline. «Condividevamo - ha detto Keba agli inquirenti - la stessa stanza. Con me si confidava parecchio. Mi aveva detto che le piaceva un ragazzo, ma non ho mai notato nulla di strano». Nicla Gambirasio era l’unica della famiglia a frequentare con la nipote Yara il discount Eurospin di Brembate di Sopra dove, secondo gli investigatori, la ragazzina avrebbe conosciuto Bossetti. Nel centro commerciale l’imputato sarebbe stato notato da Alma Azzolin, la donna di Trescore Balneario la cui testimonianza è uno dei cardini dell’accusa. Nell’udienza di venerdì i difensori hanno tentato senza successo di ricusarla. La Azzolin ripeterà in aula il racconto fatto ai carabinieri il 24 novembre di un anno fa, dopo che una trasmissione televisiva le aveva riacceso un ricordo. In un giorno compreso fra la metà di agosto e l’inizio dell’anno scolastico 2010, aveva accompagnato la figlia a Brembate, in una società ciclistica. Sostava in auto nel parcheggio nella vicinanze del cimitero, quando era entrata una vettura color grigio chiaro modello Station Wagon (Bossetti possiede una Volvo V40 grigia) con un uomo al volante.

Pochi istanti dopo era arrivata di corsa una ragazza che si era infilata nell’auto dello sconosciuto: tra i 13 e i 15 anni, alta circa 1.60, snella, maglietta a maniche corte di colore salmone chiaro o rosa, pantaloncini corti, scarpe da ginnastica, capelli castano chiari lunghi fino alle spalle, apparecchio per la correzionee dei denti. L’uomo era sui 35-40 anni, «con viso scavato, mento affilato e con capelli corti di colore castano chiaro». La Azzolin era rimasta colpita dagli occhi, simili a quelli di una volpe che le aveva attraversato la strada nelle ultime vacanze, «occhi che illuminati erano quasi bianchi».

Alma Azzolin aveva rivisto l’uomo una settimana dopo all’Eurospin. «Lo sguardo era buono», annota l’informativa dei carabinieri. «Tant’è che le venne spontaneo pensare di averlo giudicato male». La testimone aveva riconosciuto Bossetti e riconosciuto Yara in una delle otto fotografie che le erano state mostrate.