Pik Pobeda, Simone Moro e Tamara Lunger più forti del gelo siberiano/ FOTO

Gli alpinisti raccontano la loro ultima avventura

Tamara Lunger con Simone Moro in vetta al Pik Pobeda

Tamara Lunger con Simone Moro in vetta al Pik Pobeda

Bergamo, 19 febbraio 2018 - Più forti del freddo e della montagna più gelida del pianeta: Simone Moro e Tamara Lunger sono riusciti a scalare il Pik Pobeda, 3.003 metri di roccia e ghiaccio in Siberia, in una delle zone più ostili del mondo. È la prima volta in assoluto che questo picco viene salito in inverno e non è difficile intuire il perchè.

A qualche giorno dal successo arrivano i primi particolari di un’altra vittoria che entra nella storia dell’alpinismo mondiale. Doveva essere una salita lampo, a causa degli alti rischi che correvano, e così è stato. Tamara e Simone hanno raggiunto la vetta l’11 febbraio in poco più di 7 ore e hanno poi impiegato altre 4 ore per fare ritorno al campo base, coprendo in 11 ore una distanza complessiva di 27 chilometri e oltre duemila metri di dislivello.  «Ha nevicato tutto il giorno ma fortunatamente c’era una buona visibilità e nonostante il freddo molto intenso la nuvolosità ci era favorevole, scongiurando così temperature ancor più estreme. Se il vento moderato e temperature a -30/35 gradi sono le condizioni che hanno caratterizzato la giornata in cui abbiamo raggiunto la vetta, durante il resto della spedizione abbiamo raggiunto anche i -50! Il nostro approccio in puro stile alpino senza alcuna sosta è stato pensato proprio per evitare di dover trascorre un’altra notte in condizioni potenzialmente estreme», ha spiegato Simone. 

Il Pik Pobeda è una montagna caratterizzata da passaggi abbastanza tecnici su roccia e in caso di incidente sarebbe stato impossibile un soccorso anche per via dell’isolamento estremo della catena montuosa Chersky Range, molto vicino al Circolo Polare Artico. «La situazione ambientale che abbiamo affrontato è stata unica nel suo genere - ha raccontato Tamara Lunger - Perfino il viaggio per raggiungere la meta è stato complicato: ci sono voluti tre voli solo per raggiungere Sasyr, la città più vicina al campo base e la temperatura media non ha mai superato i - 35/40 gradi. Ci sono stati soltanto tre giorni di bel tempo e cielo sereno in tutta la durata della spedizione ma nonostante le condizioni estreme questa regione isolata e remota ci ha emozionati con l’incredibile bellezza della sua natura».