Processo Appello, Bossetti:"Nel dubbio, assolvetemi". I legali di Yara:"Soltanto fandonie"

Brescia, un’udienza ad altissima tensione. Lunedì la sentenza

Massimo Bossetti (Ansa)

Massimo Bossetti (Ansa)

Brescia, 15 luglio 2017 - "Se non sarò stato capace di insinuarvi il dubbio, la mia coscienza di avvocato piangerà per sempre. Se non avrete dato a quest’uomo la possibilità di difendersi, la vostra coscienza sarà attanagliata per sempre dal rimorso". Una conclusione che, nell’aula della Corte d’Assise d’appello di Brescia, suona come un appello. L’ultimo. Il difensore Salvagni termina la sua controreplica e consegna una nuova memoria con l’invito, rivolto soprattutto ai giudici popolari, a leggerla, a tenerla sul comodino. È finita. Massimo Bossetti abbraccia i suoi legali, Paolo Camporini e Claudio Salvagni, stringe per due volte a sé la madre, Ester Arzuffi, che si scioglie in lacrime; un abbraccio alla moglie Marita e alla gemella Laura Letizia. Si avvia verso il secondo finale di partita. La Corte tornerà a riunirsi lunedì alle 8.30. Il muratore di Mapello farà le sue dichiarazioni prima di una lunga camera di consiglio, da cui i giudici usciranno con una sentenza che ribadirà l’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, o con una clamorosa assoluzione, oppure ancora con l’ordinanza, invocata da imputato e difesa, che disporrà la ripetizione del test del Dna: la prova, “granitica” per l’accusa, che i difensori tentano, una volta ancora, di scalfire.

Nella traccia biologica rimasta su slip e leggings della piccola vittima, “Ignoto 1” ha depositato il suo codice genetico. Il Dna nucleare coincide con quello dell’imputato. C’è il Dna mitocondriale di Yara, c’è quello di uno sconosciuto, è assente il mitocondriale di Bossetti. "Il nucleare - sostiene Salvagni - dice che Ignoto 1 è Bossetti. Il mitocondriale esclude che lì dentro ci sia Bossetti. Un dato contrastante. Da una parte si dice che c’è Bossetti, dall’altra si dice che Bossetti non c’è. É un rebus di cui solo un perito può dare la soluzione". L’udienza eredita veleni da quella che l’ha preceduta, con l’attacco frontale della difesa al rappresentante dell’accusa, alle metodiche impiegate dal Ris, ai test effettuati. La voce, solitamente pacata del sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia, Marco Martani, è intrisa di un’amarezza che arriva all’indignazione: "In trent’anni, quasi tutti nell’ufficio di pubblico ministero, non ero mai stato oggetto di tali e tanti attacchi personali. Le mie parole sono state distorte e stravolte per dire cose false. La difesa ha parlato di ordini di scuderia. Di inquirenti che fanno cose inenarrabili. Non scendo a questi livelli. Non ho vincoli. Non ho ordini di scuderia. Non sono uno stalliere, nè un fantino. Tanto meno sono un bookmaker che trucca le corse dei cavalli. I Ris sono stati dipinti a tinte fosche, come gente che lavora con approssimazione e cerca un capro espiatorio, cucendogli addosso degli indizi. Si tratta invece di professionisti di prim’ordine, non solo a livello nazionale".

Neppure gli avvocati della famiglia Gambirasio si risparmiano. Andrea Pezzotta torna sulla foto satellitare del campo di Chignolo d’Isola, scattata il 24 gennaio del 2010, che secondo la difesa non ha ripreso il cadavere di Yara. "Nei processi non mi arrabbio mai, ma mi sono arrabbiato quando si è cercato di ingannare i giudici". Enrico Pelillo parla di “videogiochi” proiettati dalla difesa e di "fandonie che straziano ancora di più le memoria di Yara".