Yara, il pg contro la difesa di Bossetti: "In 30 anni non sono mai stato attaccato così"

La decisione della Corte d'Assise d'appello di Brescia (sentenza o rinnovazione del dibattimento) è prevista per lunedì 17 luglio

Il tribunale di Brescia (Alive)

Il tribunale di Brescia (Alive)

Brescia, 14 luglio 2017 - Nuova udienza nel processo d'appello a Brescia per Massimo Bossetti. Dopo il duro affondo dei legali del muratore di Mapello oggi è il giorno delle repliche di accusa, difesa e parti civili. Bossetti è stato condannato all'ergastolo il primo luglio del 2016 per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre del 2010 da Brembate di Sopra e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d'Isola.

Massimo Bossetti (Ansa)PG: MAI RICEVUTI SIMILI ATTACCHI - "In 30 anni di professione non sono mai stato oggetto di così tanti attacchi personali come quelli che ho dovuto ascoltare da questa difesa con affermazioni lesive del mio lavoro e anche di quello del Ris". Queste le parole del sostituto pg di Brescia Marco Martani durante l'udienza di oggi in risposta alle accuse tra cui quella di aver solo "eseguito un ordine di scuderia", mosse dai legali di Massimo Bossetti. "Io non sono uno stalliere o un fantino o un bookmaker che trucca le corse dei cavalli - ha detto Martani - da chi avrei preso questi ordini? Non ho vincoli di mandato, sono un magistrato e se non fossi stato convinto della colpevolezza di Bossetti avrei concluso diversamente". Il pg ha anche replicato alle affermazioni dei legali Salvagni e Camporini che l'hanno tacciato di aver detto cose "incredibili, false e suggestive". Solo un "polverone - ha risposto il pg - alzato da chi ha argomenti deboli".

Yara GambirasioIl pg ha anche difeso l'operato del Ris: "Si tratta di professionisti di primo ordine, non  solo nazionale". Al centro del discorso è tornato, inevitabilmente, il dna.  In merito necessità della presenza del dna mitocondriale oltre a quello nucleare di Bossetti, il legale ha detto che si tratta di una tesi "sostenuta solo dalla difesa". "La difesa lamenta la mancanza di ripetizioni nel test e l'uso test scaduti - ha aggiunto il pg -. Non è vero. In alcuni casi sono state eseguite le ripetizioni anche quando non erano necessarie. Quanto ai kit scaduti, un test può essere valido anche dopo data di scadenza e alcune date di scadenza vengono indicate solo per motivi commerciali". Quanto alla foto satellitare "non si vedeva e non si vede niente - ha sottolineato - per questo inquirenti hanno deciso di non farla entrare in carte processuali. Non è vero che è stata artatamente nascosta". 

PARTE CIVILE: FOTOGRAFIA E' FANDONIA CHE STRAZIA - L'avvocato di parte civile Enrico Pellillo ha parlato di falsità da parte della difesa: "Il dna non è un indizio ma una prova storica". Il legale è poi passato all'attacco della foto satellitare: "Sono fandonie che straziano ancora di più la memoria di una ragazzina". L'avvocato Pezzotta ha poi aggiunto: "Io nei processi non mi arrabbio mai, ma qui mi sono arrabbiato quando si è cercato di ingannare i giudici".  Il legale dei genitori di Yara assieme al collega Pelillo, ha fatto riferimento a una "barretta" inserita dalla difesa di Massimo Bossetti sulla foto satellitare del campo di Chignolo d'Isola, dove venne trovato il corpo, per dimostrare che poco più di un mese prima del ritrovamento il cadavere non era là. "Vi hanno mostrato una barretta facendovi credere che quella fosse di una lunghezza equiparabile a quella di una persona - ha spiegato il legale - mentre era di 3-4 metri". 

YARAAAA_OBJ_FOTO_27_6831628L'avvocato Pezzotta, secondo cui "la difesa ha proiettato in aula dei videogiochi", è tornato a leggere davanti alla Corte le ricerche a sfondo sessuale che avrebbe effettuato Bossetti col suo pc su "ragazzine" e a parlare della "sua navigazione su siti sadomaso". E ha fatto riferimento anche al tentativo difensivo di attribuire quelle ricerche alla moglie Marita Comi e a uno dei figli: "Lasciamo stare la signora Comi e il figlio - ha aggiunto rivolto a Bossetti - e prendiamoci le responsabilità che ci competono, quando ci competono". Entrambi i legali di parte civile hanno spiegato alla Corte che "ancora non si è capito" che genere di perizia sul Dna chieda la difesa per riaprire il processo. "Da quello che noi abbiamo capito non è più possibile estrarre ancora del Dna dagli indumenti di Yara, perché tutto quello che si poteva utilizzare è stato già utilizzato per le estrazioni" ha detto Pezzotta. Prima di lui anche il sostituto pg Martani aveva respinto punto su punto nel merito tutte le "criticità" su prove e indizi messe in luce dalla difesa. "L'approccio della difesa - ha spiegato il pg - è privo di logica e senza alcun supporto scientifico".

VERSO LA SENTENZA - Nelle scorse udienze le parti sono già intervenute con le loro richieste. Il sostituto pg Marco Martani e i legali dei familiari di Yara, Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, hanno chiesto la conferma della condanna all'ergastolo, ma anche, come richiesto in particolare dal pg, sei mesi di isolamento diurno per l'imputato (LEGGI L'ARTICOLO) e il riconoscimento della colpevolezza anche per l'accusa di calunnia nei confronti di un collega, contestazione caduta in primo grado a Bergamo. I difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, invece, hanno chiesto l'assoluzione e soprattutto puntano ad ottenere la riapertura del processo con una perizia sulla prova del Dna (LEGGI L'ARTICOLO). Prova che hanno provato a smontare e che è ritenuta "granitica" sia nel verdetto di primo grado che dalla Procura generale bresciana.

La decisione della Corte d'Assise d'appello di Brescia (sentenza o rinnovazione del dibattimento) è prevista per lunedì 17 luglio, dopo una camera di consiglio di diverse ore, come ha già preannunciato il presidente Enrico Fischetti nelle scorse udienze, e dopo le dichiarazioni spontanee di Bossetti. L'udienza è iniziata in ritardo perché i legali dell'imputato hanno avuto difficoltà ad arrivare in macchina causa un incidente lungo il loro percorso verso il Tribunale, dove sono arrivat puntualii, invece, Bossetti accompagnato dalla polizia penitenziaria e, come al solito, anche i suoi familiari.

(ha collaborato GABRIELE MORONI)