Omicidio del giovane indiano: arrestati tre connazionali

Palosco, il delitto è maturato all'interno delle faide tra famiglie rivali

La casa dove è stato ucciso il giovane indiano a Palosco

La casa dove è stato ucciso il giovane indiano a Palosco

Palosco (Bergamo), 16 dicembre 2017 - Svolta nelle indagini sull’omicidio di Amandeep Singh, 22 anni, il magazziniere di nazionalità indiana ucciso con un colpo di pistola mentre si trovava sul balcone dell’abitazione di via Spampatti, a Palosco, dove viveva con la famiglia. Delitto avvenuto la notte del 10 settembre a conclusione di una lite tra connazionali.

Alla base dell’omicidio, la "guerra" tra opposte fazioni di indiani e un debito di diverse migliaia di euro che aveva fatto nascere, all’incirca da un anno, una serie di liti tra i diversi gruppi, a Chiuduno, Grumello del Monte, Gorlago e al Bolognini di Seriate. Aggressioni anche violente tra varie fazioni che vivono tra la Valle Cavallina e nella sponda Bresciana. Faide tra famiglie che hanno insanguinato la provincia, a cominciare dall’omicidio della dottoressa Eleonora Cantamessa, a Chiuduno, travolta e uccisa mentre prestava soccorso proprio a un cittadino indiano aggredito a colpi di coltello e spranga e lasciato agonizzante sul ciglio della strada. Uno scenario in cui si inserisce anche l’assassinio del 22enne Singh.

I carabinieri avrebbero identificato il mandante e gli esecutori materiali dell’omicidio. Si tratta di due fermi e un arresto in flagranza, eseguiti su disposizione del pm Emanuele Marchisio, tra la Bergamasca e il Bresciano. Recuperata anche l’arma usata per il delitto. All'origine del delitto motivi di soldi, oltre che la lotta per l’egemonia sul territorio di una delle fazioni. I tre arresti vanno ad aggiungersi agli altri due indiani di 29 e 27 anni, fermati dopo i fatti a Leno (Brescia) dai carabinieri della Compagnia di Treviglio e dai colleghi di Verolanuova mentre stavano preparando la fuga. Tra loro Bakhsish Singh, soprannominato Prince. Il suo nome era emerso sin dalle prime testimonianze. Con loro era stato denunciato a piede libero per favoreggiamento un terzo connazionale di 28 anni.

Insieme a Prince anche i vertici della banda, abituata a muoversi in spedizioni punitive con un arsenale pazzesco. Accette, asce, coltelli, bastoni, mazze e pistole. Nell’auto in cui sono stati trovati i due c’era anche un’ascia artigianale, pronta a scopo difensivo e offensivo. In tasca avevano racimolato del denaro in contanti, circa 1.000 euro, che sarebbero servito per i primi giorni di fuga. Ma l’inchiesta, come si vede, era solo all’inizio, restavano ancora da mettere a fuoco altri dettagli, anche importanti. E nonostante le resistenze e le ostilità dell’ambiente, poco collaborativo, alla fine il lavoro degli uomini dell’Arma ha prodotto i risultati sperati.