Un capello nella mano di Daniela Roveri: si stringe il cerchio attorno al killer

Bergamo, svolta nel caso della manager sgozzata: la risposta dal dna

Daniela Roveri (De Pascale)

Daniela Roveri (De Pascale)

Bergamo, 7 gennaio 2017 - La chiave del delitto di Daniela Roveri era in mano alla vittima. Un capello. Forse quello dell’assassino. Almeno questo sperano i pm Fabrizio Gaverini e Davide Palmieri per dare una svolta alle indagini sull’omicidio della dirigente d’azienda di 48 anni, uccisa con una coltellata alla gola il 20 dicembre, intorno alle 21, nell’androne del palazzo dove abitava con la madre, in via Keplero, quartiere Colognola. Sul capello, trovato dalla polizia scientifica, le analisi sono in corso. Ancora non si sa se appartenga a un uomo o a una donna, ma è certo che sia dotato di bulbo. E questo rappresenta un elemento importante e fondamentale, in quanto dal bulbo è possibile estrarre il dna. 

Grazie al profilo genetico isolato, attraverso la comparazione con quelli noti, gli investigatori sarebbero in grado di restringere il cerchio delle persone su cui indagare fino a individuare il killer. E se il profilo non fosse inserito nell’archivio del Viminale, si potrebbe procedere, come è accaduto per l’omicidio di Yara, a una serie di prelievi della saliva e a confronti fra dna. Tutto questo, presupponendo che il capello sia dell’assassino e non sia invece della stessa vittima o sia finito nella sua mano per un contatto casuale. Comunque, che Daniela Roveri abbia cercato di reagire lo testimonierebbe la ferita alla mano riscontrata durante l’autopsia: si tratta di una lesione da taglio e non di un semplice graffio. Intanto, le indagini della Procura, pur non tralasciando il movente passionale (l’uomo con cui aveva una relazione è risultato estraneo alla vicenda, così come uno spasimante respinto), stanno scandagliando anche l’ambito lavorativo. Daniela era dirigente dell’ufficio contabilità della Icra Italia di San Paolo d’Argono, azienda di materiali refrattari: chi indaga sta cercando di capire se il suo comportamento, sempre intransigente e inflessibile, possa aver creato delle difficoltà a qualcuno che per la ditta lavorava o con la quale portava avanti degli affari. E che abbia deciso di vendicarsi.

Infine, c’è la pista, assai labile per la verità, del serial killer: e cioè che sia stata la stessa mano ad aver ucciso Daniela Roveri e Gianna Del Gaudio, l’ex insegnante sgozzata con un solo fendente la sera del 26 agosto scorso nella sua villetta di Seriate: per ora l’unico indagato, a piede libero, è il marito dell’ex professoressa, Antonio Tizzani, che ha sempre sostenuto di aver visto una misteriosa persona incappucciata fuggire dalla loro abitazione. Anche questa pista è appesa a un confronto, quello tra i medici legali che hanno eseguito gli esami autoptici sui corpi di Daniela e Gianna, chiamati dalla Procura ad incontrarsi per capire se esistano analogie fra i due omicidi.