Omicidio Cantamessa: "La medaglia alla mia Eleonora. Come un soldato caduto in guerra"

La madre della ginecologa uccisa da un’auto a Chiuduno racconta il suo dolore di AGATA FINOCCHIARO

Mariella Armati, madre di Eleonora Cantamessa

Mariella Armati, madre di Eleonora Cantamessa

Trescore Balneario, 6 gennaio 2016 - È un dolore senza fondo, e senza più lacrime, quello con cui da oltre due anni convive la signora Mariella Armati, mamma di Eleonora Cantamessa, la ginecologa travolta da un’auto la notte dell’8 settembre 2013 a Chiuduno, nella Bergamasca, mentre prestava soccorso a Baldev Kumar, indiano di 32 anni rimasto a terra dopo un pestaggio. Alla guida della vettura, che investì e uccise lei e il 32enne, c’era Vicky Vicky, fratello dell’indiano, condannato il 25 marzo scorso dalla Corte d’Assise di Bergamo a 23 anni di reclusione per il duplice omicidio. «Questo terzo Natale senza Eleonora, se possibile, è stato peggiore degli altri due. Non è vero che il tempo lenisce le ferite, perché man mano che passano i mesi e gli anni mi rendo conto sempre più che Eleonora non tornerà a casa, che non ci sarà un altro Natale con mia figlia. E la consapevolezza di averla persa per sempre mi annichilisce rendendo insopportabile il dolore».

Il 2015 ha visto chiudersi il primo capitolo della vicenda giudiziaria con la condanna di Vicky Vicky a 23 anni di carcere, cosa è cambiato per lei? «È giusto che chi ha sbagliato sconti una pena proporzionata alla gravità delle sue azioni, ma la giustizia resa in tribunale non ha alleviato la mia sofferenza». L’ultimo dell’anno uno degli indiani coinvolti nella rissa che ha preceduto l’uccisione di sua figlia e di Baldev Kumar è stato arrestato per aver aggredito la moglie e la figlia minorenne, ha letto la notizia? Cosa ha provato? «Sono rimasta profondamente indignata. Mi sono chiesta cosa ci facciano ancora in giro, in stato di libertà, in Italia, queste persone che continuano a non rispettare la legge. Oltre due anni fa la rissa tra connazionali e ora si scopre che uno di questi picchiava moglie e figlia, evidentemente è gente che non ha rispetto per la legge né per la vita umana e dovrebbe essere allontanata dal nostro Paese come ha detto il presidente Mattarella nel discorso di fine anno».

Ritiene che si debbano rivedere le regole sull’accoglienza in Italia? «È giusto accogliere chi rispetta le nostre leggi. Il problema dell’accoglienza profughi diventa un’emergenza se non è ben gestito. Mia figlia curava gratis le donne indiane e pakistane povere, non aveva pregiudizi, era un medico sulla frontiera degli ultimi».

Lei avverte un’emergenza sicurezza in Bergamasca? «Certo che la sento, ho pagato con la vita di una figlia».

Che rapporti ha con la comunità indiana? «Buoni, di stima e rispetto. Hanno fatto veglie di preghiera per Eleonora e sono venuti a trovarmi per esprimere vicinanza. Tra loro ci sono tante persone per bene».

E con la famiglia di Baldev Kumar, l’indiano che sua figlia si fermò a soccorrere? «Mai visto nessuno della famiglia dell’indiano morto. Nessuno mi ha mai detto “grazie, sua figlia ha cercato di salvare mio figlio’’».

Pensa che Eleonora non avrebbe dovuto fermarsi a soccorrerlo?  «No, mia figlia era generosa fino al dono più grande, la sua stessa vita e lo documenta la telefonata fatta quella notte per chiamare i soccorsi. Eleonora aveva percezione del pericolo ma non ha esitato a mettere a repentaglio la sua vita per fare quello che riteneva suo dovere di medico e di donna».

Tra i tanti riconoscimenti in memoria di sua figlia, è arrivata anche la medaglia del presidente della Repubblica, se l’aspettava? «Sì, perché intorno alla morte di Eleonora c’è stata da subito grande mobilitazione. Ma non così presto, è stata un’emozione fortissima. Quella notte non ho dormito pensando alla mia Eleonora come a un soldato caduto in una guerra che non era la sua». di AGATA FINOCCHIARO